#Kurdistan – Libertà per Abdullah Öcalan! Basta alle aggressioni della Turchia contro il Rojava ed il popolo curdo! – comunicato stampa

Libertà per Abdullah Öcalan! Basta alle aggressioni della Turchia contro il Rojava ed il popolo curdo!

 Il 15 febbraio del 1999 il leader del popolo curdo Abdullah Öcalan viene sequestrato dai servizi segreti turchi a seguito di un complotto delle grandi potenze internazionali e portato nell’isola-carcere di Imrali, in condizione di totale isolamento. A più riprese è stato negato ad Öcalan di vedere i familiari ed i propri avvocati. Per anni non si sono avute informazioni sul suo stato di salute.

Nonostante tutto questo dal carcere il leader curdo ha più volte cercato di essere uomo di pace e di dialogo e di proporre una soluzione politica alla questione curda e per la democratizzazione di tutto il Medio Oriente.

Dopo un lungo sciopero della fame che ha coinvolto migliaia di persone, nel 2019  è stato concesso ad Öcalan di poter vedere i propri avvocati ed i propri familiari. Ha manifestato nuovamente la sua disponibilità ad una soluzione politica del conflitto e ha consegnato messaggi di speranza e per un futuro diverso. Ma la finestra del dialogo è durata poco. Dal 12 agosto 2019 Öcalan, e così gli altri tre prigionieri politici dell’isola carcere di Imrali, sono nuovamente isolati dal mondo esterno.

Oggi in decine di carceri turche è in corso da più di 50 giorni uno sciopero della fame a tempo indeterminato da parte dei detenuti politici per chiedere la fine dell’isolamento, la liberazione del presidente Abdullah Ocalan ed un ritorno ai negoziati per una pace giusta.

Inoltre è in corso una campagna internazionale che chiede la liberazione del presidente: Il momento è arrivato: Libertà per Ocalan!

Nonostante il carcere, l’isolamento e la negazione dei diritti,Abdullah Ocalan ha riformulato una innovativa idea di società, un sistema democratico multietnico per una società equa, basato sull’uguaglianza di genere e sull’ecologia sociale, che possiamo considerare come il socialismo del 21° secolo.

Il Confederalismo democratico – come è dimostrato dalla sperimentazione nei territori nel nord est della Siria, dove tutti i popoli della regione hanno lottato per affermare un modello amministrativo laico, democratico ed ugualitario- rappresenta una reale proposta di pace per tutto il Medio Oriente per questo fa paura alle potenze regionali e globali. Per queste ragioni l’esperienza della Siria del nord-est ed il Confederalismo democratico vanno difesi dall’aggressione turca e dalla pressione delle potenze internazionali.

Tutto questo avviene mentre in Turchia prosegue una repressione che colpisce senza sosta personalità democratiche, difensori dei diritti umani ed ogni forma di opposizione politica e sociale. In questo contesto, nel sud-est del paese, i curdi sono repressi duramente. Decine di sindaci curdi democraticamente eletti sono stati rimossi dall’incarico ed arrestati, ed il controllo delle municipalità assegnato a commissari fiduciari del governo turco. Sono a migliaia i dirigenti e i militanti di HDP incarcerati, tra cui gli ex co-presidenti del partito, Selahattin Demirtaş e Figen Yuksedag.

Altri 108 dirigenti sono imputati nel cosiddetto caso Kobane, per le proteste verificatesi nel 20014 contro l’assedio della città di Kobane e rischiano lunghi anni di carcere. Lo stesso Devlet Bahceli, leader del Partito del Movimento Nazionale (MHP) ha chiesto recentemente la messa al bando del partito.

L’occupazione militare dello Stato turco si estende anche al di fuori dai confini turchi. Sfruttando la forza del secondo esercito della NATO vengono occupati interi territori del Medio Oriente. È il caso di Afrin, dove è documentata la brutale violazione dei diritti umani da parte dell’occupazione turca e dei gruppi mercenari alleati. Erdogan sta distruggendo la storia e l’identità culturale  provocando esodi di massa di intere popolazioni, e attuando una politica di sostituzione etnica favorendo l’insediamento di popolazioni esterne legate a gruppi mercenari.

22 anni dopo il sequestro internazionale di Abdullah Öcalan, rimane una forte ipoteca sulla pace in Turchia ed in Medio Oriente, mentre sarebbe più urgente una soluzione ed un percorso per una pace giusta.

Il 15 febbraio, negli ultimi anni, il giorno della manifestazione europea a Strasburgo e di quella nazionale in Italia per chiedere la liberazione di Öcalan. Il 15 febbraio scenderemo in piazza nelle nostre città per chiedere, nel rispetto delle limitazioni sanitarie per la pandemia di Covid19, la liberazione di Abdullah Öcalan.

Per firmare;

https://www.change.org/p/parlamento-europeo-il-momento-%C3%A8-arrivato-libert%C3%A0-per-ocalan?use_react=false

Tutte le iniziative:

Sabato 13 febbraio

Roma: ore 11.30 Viale Mazzini 14 (sede Rai)

Milano ore 15 Piazza della Scala

Firenze: ore 15:30 Piazza del Duomo

Palermo: ore 17:00 Largo Rodrigo Pantaleone 9

Alessandria: ore 16:00 Piazzetta delle Lega

Bologna: ore 17:00 Piazza Re Enzo

Parma: ore 16:00 Piazza Garibaldi

Rovigo: ore 10:00 Piazza Vittorio Emanuele II

Domenica 14 Febbraio

Milano: ore 15:30  Performance Arco della Pace

Lunedì 15 febbraio

Lucca: ore 17:00 Piazza S. Michele

Bari: ore 15:00, CET RAI

 

Comitato ”il momento è arrivato, libertà per Ocalan” 

Rete Kurdistan in Italia 

Ufficio d’informazione del Kurdistan in Italia  – UIKIOnlus

 

 

 

#KURDS #REPRESSIONE – Appello urgente per una risposta internazionale all’invasione militare turca del Kurdistan meridionale

Questa mattina, tra le 3:00 e le 6:00 ora locale, le forze armate turche hanno avviato un’offensiva militare transfrontaliera su vasta scala nella regione di Garê nel Kurdistan meridionale (Iraq settentrionale). Gli attacchi aerei turchi hanno preso di mira i villaggi di Guzê, Meyrokê, Siyanê, Çemşerîtkê, Yekmalê e Kanîsarkê, e soldati sono stati sganciati nella regione con elicotteri Cobra e Sikorsky.
 
I combattenti del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK) hanno combattuto dall’alba per respingere le forze d’invasione e sono in corso pesanti scontri. Il regime del presidente turco Recep Tayyip Erdogan intende chiaramente ampliare l’occupazione militare turca del Kurdistan meridionale e ora ha scelto di intensificare l’aggressione militare turca per rafforzare la presa di Erdogan sul potere in risposta alla crisi in corso dello Stato della Turchia.
 
La crescente resistenza curda rimane l’ostacolo più formidabile all’espansionismo neo-ottomano e alla strategia di occupazione di Erdogan nella Siria settentrionale e orientale e nel Kurdistan meridionale, ed Erdogan cerca urgentemente di mettere a tacere i curdi per proteggere l’esistenza del suo stato in decadenza, sempre più isolato e antidemocratico.
 
Mentre Erdogan faceva vane promesse all’UE e agli Stati Uniti riguardo a possibili riforme, il suo ministro della Difesa, Hulusi Akar, si è recato all’estero, visitando Baghdad ed Erbil a gennaio e Berlino all’inizio di questo mese, per chiedere l’approvazione e il sostegno per una nuova fase della guerra dello stato turco contro il popolo curdo e per l’espansione dell’occupazione turca nella regione.
 
 Il 9 febbraio, per ottenere il sostegno del nuovo presidente degli Stati Uniti Joe Biden, Akar si è offerto di negoziare sull’uso da parte della Turchia del sistema di difesa aerea russo S-400. Erdogan e Akar sanno che i militari turchi non potranno espandere la loro occupazione del Kurdistan meridionale senza affrontare la resistenza curda.
 
Erdogan vede un’espansione dell’occupazione del Kurdistan meridionale come un modo per superare la sua crisi di stato. Nei giorni scorsi non solo i curdi ma anche le forze democratiche di tutta la Turchia hanno protestato contro il regime dittatoriale di Erdogan. Da oltre un mese gli studenti e il personale della prestigiosa Università Bogazici di Istanbul manifestano contro il regime di Erdogan e le loro proteste stanno guadagnando copertura e sostegno a livello nazionale.
 
All’inizio di questo mese, il Partito Democratico dei Popoli (HDP) ha lanciato la sua campagna “Giustizia per tutti” sostenuta da un’ampia coalizione di gruppi di opposizione.Allo stesso tempo, continua lo sciopero della fame dei prigionieri politici curdi per porre fine all’isolamento del leader del popolo curdo Abdullah Öcalan, giunto ormai al 76 ° giorno.
 
Con l’approssimarsi del 21° anniversario del rapimento di Öcalan, il 15 febbraio 1999, le richieste degli scioperanti della fame e gli appelli più ampi per la libertà di Öcalan continuano a esercitare pressioni sul regime di Erdogan.
 
Piuttosto che rispondere alle legittime richieste di democratizzazione, Erdogan ha ribadito la sua dichiarazione di guerra contro il popolo curdo.Lo stato turco non può combattere questa guerra da solo e ha bisogno dell’aiuto internazionale dell’UE, degli Stati Uniti e della NATO. Se lo Stato turco riceve questa assistenza, Erdogan avrà un pass gratuito per continuare a violare le convenzioni sui diritti umani e il diritto internazionale, impegnandosi in aggressioni militari, occupazione e pulizia etnica. Chiediamo alle Nazioni Unite, all’UE, al Consiglio d’Europa, agli Stati Uniti e alla NATO di obbligare lo Stato turco a rispettare il diritto internazionale.
 
Per una soluzione pacifica in Turchia, chiediamo anche ai governi e alle istituzioni internazionali di obbligare lo Stato turco ad attuare le raccomandazioni del Consiglio d’Europa e del Comitato europeo per la prevenzione della tortura (CPT) e di revocare l’isolamento imposto ad Abdullah Öcalan per fornire l’opportunità di un dialogo politico volto a raggiungere la pace in Turchia e in tutta la regione.
 
Infine, chiediamo alla comunità internazionale di unirsi a noi nel chiedere il ritiro incondizionato e immediato di tutte le forze turche dal Kurdistan meridionale e dal nord e dall’est della Siria.
 
 
 
Consiglio esecutivo del Congresso nazionale del Kurdistan (KNK), 10.02.2021

#Kurds #Iraq – ANKARA INVADE – ANCORA ! – IL KURDISTAN SUD (E LA SINISTRA TURCA COSA FA?) – di Gianni Sartori

Com’era prevedibile, Ankara ha lanciato l’ennesimo attacco militare ai territori curdi dell’Iraq, in particolare nella regione dove aveva installato, illegalmente, una base militare..

Avviata prima dell’alba del 10 febbraio, l’operazione dell’esercito turco è rivolta – ca va sans dire – contro il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK)

Con un comunicato l’HPG (Hezen Parastina Gel- Forze di Difesa del popolo, ala militare del PKK) ha voluto denunciare che “L’esercito di occupazione turco ha lanciato un’operazione globale contro la regione di Gare alle ore 3 del mattino. Aerei da combattimento turchi hanno bombardato i villaggi di Gunde Guze, Meyroke, Siyane, Cemseritke, Yekmale e Kanisarke e le regioni di Desta Kafya e Desta Nehle dalle ore 3 alle ore 6. I dintorni del villaggio di Cemrobotki sono stati bombardati due volte alle ore 4,30 del mattino (…). Contemporaneamente, i dintorni dei villaggi di Yekmale e Siyane sono stati bombardati da elicotteri di tipo Cobra”.

Successivamente truppe dell’esercito invasore sono state sganciate intorno al villaggio di Siyane dopo che l’intero territorio aveva subito pesanti bombardamenti, sia con aerei che con elicotteri. Stando al comunicato di HPG, qui sarebbero ancora in corso scontri tra l’esercito turco e la guerriglia. Con il risultato che – almeno per ora – gli elicotteri da combattimento (oltre ai Cobra anche i famosi Sikorsky)  hanno dovuto allontanarsi per evitare di essere abbattuti.

Elicotteri – precisa il comunicato – che non sono arrivati dal Nord Kurdistan, ma “dalla linea sud”.

In precedenza, il 30 gennaio, la zona di Aris Faris era già stata bombardata. Così come, quasi contemporaneamente, le zone di Kucuk Cilo e di Karker (regione di Zap). Il 2 febbraio era toccato al villaggio di Sine sulla montagna Mamentiye (regione di Avasin). Da parte loro, informa l’HPG, i curdi (la contraerea Martyr Delal) hanno colpito l’esercito invasore nell’area delle colline di Merganis (distretto di Cele).

Una considerazione. O anche due.

Scontato intravedere in questa operazione il tentativo di Erdogan di ricompattare l’opinione pubblica turca dopo le recenti manifestazioni studentesche. D’altra parte appare sempre più evidente che la “questione curda” rimane il vero nodo da sciogliere, se non per lo Stato sicuramente per il popolo turco. In particolare per la sinistra che – lo ripeto – senza i Curdi non potrà andare da nessuna parte. Tantomeno porre termine al regime instaurato da Erdogan. D’altro canto, fino a quando ci toccherà leggere su siti in evidente overdose da geopolitica (e che magari si autorappresentano come  “antimperialisti”) interviste come quella recente al “compagno” (“compagno un cazzo” cantava Ricky Gianco) Dogu Perincek (presidente del Vatan Partisi, ieri maoista oggi sciovinista) possiamo solo constatare quanto siamo messi male. Molto male.

 

Gianni Sartori