#KURDS – AFRIN: MUORE DOPO IL PARTO UNA GIOVANE CURDA PICCHIATA DA UNA BANDA DI COLLABORAZIONISTI – di Gianni Sartori

La lista delle violazioni dei Diritti umani nei territori curdi occupati, invasi, rastrellati dall’esercito turco e dalle sue bande mercenarie risulta ormai infinita. Talmente quotidiane – tra saccheggi, rappresaglie, torture, uccisioni extragiudiziali e stupri – da rendere quasi impossibile un adeguato aggiornamento.
Sia in Bakur che in Rojava e Bashur.
Talvolta -scrivevo – si sfiora l’orrore. In qualche caso si va oltre.
Il 15 febbraio il corpo senza vita di una giovane curda, Sherin Rasul Mahmoud, veniva riportato nel suo villaggio di Mirkan nel distretto di Afrin (nel nord della Siria invaso dall’esercito turco) per esservi sepolto.
La ventenne era morta dando alla luce due gemelli. Secondo i medici il parto risultava prematuro e problematico a causa delle percosse subite dalla donna per mano di una banda criminale filoturca denominata “Fronte del Levante” (composta da collaborazionisti e mercenari). A causa dei maltrattamenti il suo stato di salute si era aggravato e – il giorno 14 – i suoi familiari l’avevano autonomamente – e clandestinamente – trasferita in Turchia per un cesareo. Mentre i due gemelli, nati vivi per quanto prematuri, venivano posti in incubatrice, purtroppo Sherin non era sopravvissuta.
La sua situazione risultava ulteriormente difficile in quanto il marito – Abdo Izzat Ken di 25 anni – era stato rapito (presumibilmente dalla stessa banda di mercenari) insieme a decine di altri abitanti di Mirkan. E lei sapeva che era stato picchiato e torturato selvaggiamente.
Non solo, mentre altri abitanti del villaggio in seguito erano stati liberati (dopo il pagamento di un riscatto), di Abdo non si hanno più notizie. Tanto che ormai si teme sia andato ad allungare la lunga lista dei curdi siriani desaparecidos a seguito dell’invasione turca.

 


Gianni Sartori

#Kurdistan – 22 ANNI FA OCALAN VENIVA SEQUESTRATO: I CURDI NON DIMENTICANO – di Gianni Sartori

Abdullah Ocalan come Nelson Mandela, come Antonio Gramsci…

Ma anche come Mumia Abu-Jamal e Leonard Peltier (cadeva all’inizio di febbraio il 45° anno dalla sua cattura e detenzione: Indian Lives Matter?).

L’analogia più calzante (senza ovviamente togliere niente agli altri prigionieri politici, tutti degni del massimo rispetto) rimane forse quella con Mandela. Sia per le continue mobilitazioni a favore della sua scarcerazione, sia per il ruolo che il fondatore del PKK potrebbe assumere nella prospettiva di una soluzione politica del conflitto turco-curdo. Come appunto avvenne in Sudafrica con il dirigente dell’ANC a lungo segregato a Robben Island (altra analogia con Ocalan rinchiuso nell’isola di Imrali).

Non a caso, quando venne sequestrato in Kenya, Ocalan stava per recarsi in Sudafrica dove Mandela lo aveva esplicitamente invitato.

Entrambi, il curdo e il sudafricano, prigionieri politici di lungo corso; entrambi un simbolo per i loro popoli. Con l’augurio, la speranza che anche per APO possano presto aprirsi le porte della cella.

Nel frattempo i Curdi non lo dimenticano.

Il 13 febbraio hanno manifestato in massa nelle strade e nelle piazze del pianeta denunciando il complotto internazionale che – 22 anni fa – permise di sequestrarlo e richiedendone la scarcerazione.

Tra le città in cui è risuonato il grido dei Curdi per la liberazione di Apo vanno menzionate in particolare: Parigi, Strasburgo, Norimberga, Roma, Sydney, Bruxelles, Brama, Nantes, Milano…

Ricordo che dal giorno della cattura l’esponente curdo subisce un isolamento pressoché assoluto nella famosa isola-prigione del Mar di Marmara.

Consentendogli solamente qualche rara, sporadica visita di familiari o avvocati.

L’ultimo breve incontro con un familiare risale al 3 marzo 2020 (dopo che nell’isola era scoppiato un incendio e si temeva per la sua sorte).

Risale invece al 27 aprile 2020 l’autorizzazione per una telefonata con il fratello. E queste misere concessioni soltanto grazie ad una intensa campagna internazionale. Da allora, il totale isolamento. Usque tandem?


Gianni Sartori