“La follia veneta”. Con questo titolo usciva nel 1981un libro del giornalista Mino Monicelli. Parlava d’altro, d’accordo (e forse equivocava). Ma mi sembra adattissimo per definire quanto avvenne al momento dell’elezione del presidente brasiliano Bolsonaro.
All’epoca un manipolo di leghisti si fece immortalare reggendo uno striscione con su scritto “Bolsonaro orgoglio veneto” e definendolo ambasciatore della nostra regione nel mondo. Robe da pazzi, appunto. Eppure già allora si sapeva chi fosse il personaggio (sulle cui radici venete comunque non tutti concordano): fautore della deforestazione, complice degli allevatori, omofobo, maschilista, razzista …
Proprio in queste ore sta emergendo con tutta evidenza come gli autori dei recenti, devastanti incendi dolosi (vedi le intercettazioni telefoniche) agissero incoraggiati – e anche per sostenerla- dalla nuova politica di radicale deforestazione adottata dal presidente nei confronti dell’Amazzonia. Mentre le foreste bruciano lui (dopo aver lasciato mano libera alle multinazionali che le distruggono per fare spazio alla soia e agli allevamenti) fa il “sovranista”, l’offeso. Già in precedenza, di fronte ai dati forniti dall’INPI (Istituto nazionale del Brasile di ricerca spaziale), non trovava di meglio che estrometterne il responsabile. E intanto nell’ultimo anno la deforestazione amazzonica è cresciuta del 60%.
Nel suo delirio si è spinto ad accusare le organizzazioni ambientaliste di aver provocato gli incendi per screditarlo di fronte all’opinione pubblica.
Non mancano naturalmente affinità, sia culturali che caratteriali, tra Bolsonaro e alcuni leader leghisti (veneti e non). E anche significative convergenze ideologiche. Tra le altre, il sostanziale negazionismo in materia di cambiamenti climatici.
Anche nell’ultimo bilancio approvato dalla Giunta regionale non c’è nessun capitolo, nessun investimento per la lotta ai cambiamenti climatici.
Si continua invece ad autorizzare disboscamenti a favore dell’ormai monocultura del Prosecco.
Quindi, tornando al Bolsonaro, altro che “ambasciatore dei valori veneti” e “modello per i nostri emigranti nel mondo”!
Da veneto (nonno della Val d’Astico, nonna dei Monti Rugoloni – Colli Euganei), affermo che se Bolsonaro fosse veramente di origini venete, andrebbe considerato più che altro una vergogna per la nostra regione. Ugualmente dovrebbero vergognarsi quei leghisti veneti che esultarono pubblicamente al momento della sua nomina a presidente.
Gianni Sartori