
Tra pochi giorni cadeva il decimo anniversario dell’uccisione di tre femministe curde a Parigi.
Sakine Cansiz, Fidan Dogan e Leyla Saylemez erano state assassinate nel gennaio 2013 in un’operazione in cui è lecito intravedere l’operato del MIT (i servizi segreti turchi).
Oggi, 23 dicembre 2022, la cosa si è ripetuta e altri tre militanti curdi (ma il bilancio potrebbe aggravarsi) sono caduti sotto i colpi esplosi da un francese già noto per due aggressioni di matrice razzista.
La sparatoria mortale è avvenuta in rue d’Enghien, in un quartiere a forte presenza curda, nei pressi di un Centro culturale curdo dedicato alla memoria di Ahmet Kaya*.
Il responsabile dell’eccidio sarebbe un autista di autobus in pensione di 69 anni, già conosciuto come responsabile di due tentati omicidi risalenti al 2016 (quando aveva accoltellato una persona in casa sua) e al 2021. In questo caso si trattava di un reato con evidenti implicazioni razziste avendo assalito un bivacco di migranti (nel 12° arrondissement di Parigi).
L’immediato raduno di cittadini curdi aveva generato una serie di proteste dato che in molti sospettano che anche in questo tragico evento vi sia la longa manus – e lo stile -dei servizi turchi.
La contestazione si è conclusa con scontri e tafferugli (oltre all’impiego massiccio di lacrimogeni) tra manifestanti e polizia. Per il 24 dicembre è stata indetta una grande manifestazione contro l’ennesima aggressione alla comunità curda.
Gianni Sartori
* nota 1: Morto a Parigi nel novembre 2000 a soli 43 anni, Ahmet Kaya è ricordato sia come artista dissidente che in quanto difensore della causa curda. Apostolo della “musica autentica”, nonostante la grande notorietà, volutamente si mantenne estraneo alla Società dello spettacolo, alla mercificazione della musica. Le sue canzoni, i suoi testi ricordano quelli di Victor Jara e di Joan Baez. Come loro si rivolgeva “non solo ai sentimenti, ma anche all’intelligenza delle persone”, parlando della vita reale “non solo dei loro fantasmi” – e raccontandone “i problemi, le ribellioni contro un sistema che le consuma, emargina”.