Comunicato del Conseil DĂ©mocratique Kurde en France (CDK-F) – (segnalazione di Gianni Sartori)

World-Resistance-Day-for-Rojava

PARIS – Le Conseil Démocratique Kurde en France (CDK-F) appelle à l’action pour arrêter les attaques barbares turco-jihadistes visant le Rojava à l’occasion de la Journée mondiale pour Kobanê.
« La Journée mondiale pour Kobanê a été célébrée pour la première fois le 1er novembre 2014 pour soutenir la résistance de la ville de Kobanê, au Rojava (nord de la Syrie), contre Daesh. La victoire de Kobanê en janvier 2015 a marqué un nouveau départ pour les peuples opprimés de la région qui ont mis en place un système d’auto-gouvernance permettant à toutes les communautés de faire entendre leur voix.
Depuis, cette journée continue d’être célébrée chaque année en soutien à cette révolution démocratique des peuples du Rojava. Jusqu’à récemment, cette région était un oasis de stabilité dans une Syrie déchirée par la guerre. Administrée par l’Administration autonome du Nord et de l’Est de la Syrie (AANES), elle abritait 5 millions de Syriens d’origines ethniques et religieuses diverses – Kurdes, Arabes, Chrétiens (Arméniens, Assyriens, Chaldéens et Syriaques), Turkmènes, Tchétchènes, Alevites et Yézidis- qui y coexistaient pacifiquement.
En retirant les troupes américaines de cette région, le Président des États-Unis Donald Trump a laissé le champ libre à la Turquie pour l’envahir et assouvir ses plans de nettoyage ethnique que le régime d’Erdogan nourrit depuis si longtemps à l’encontre des Kurdes.
Le 9 octobre, l’armée turque, aidée de hordes djihadistes, a lancé une vaste opération d’invasion. Le bilan humain de cette agression militaire est très lourd : près de 300 civils tués, dont au moins 18 enfants, et 700 blessés ; 300 combattant.e.s tué.e.s ; au moins 300.000 personnes déplacées. Par ailleurs, plusieurs civils, dont la Coprésidente du parti Avenir de la Syrie, Hevrîn Khalef, ont été sauvagement exécutés par des mercenaires djihadistes.
Les organisations de la société civile au nord de la Syrie ont lancé un appel urgent à l’aide humanitaire, soulignant que l’armée turque ciblait les civils et le personnel médical et alertant sur l’utilisation d’armes non conventionnelles.
Par ailleurs, l’agression turque a permis à de nombreux djihadistes prisonniers de s’échapper : à ce jour, le nombre des évadés s’élèverait à plus 900 sur quelque 12.000 prisonniers. Beaucoup de ces évasions ont été revendiquées par Daesh qui resurgit et se renforce au gré de l’invasion turque.
Les Kurdes qui ont donné 11.000 vies dans la guerre contre Daesh ne demandent qu’à vivre en paix. Nous devons agir pour préserver les réalisations rendues possibles par leurs grands sacrifices.
A l’occasion de la journée mondiale pour Kobanê et de résistance pour le Rojava,
– Nous appelons les partis politiques, syndicats, associations, et toutes les personnes attachées à la démocratie, la justice et la paix à s’indigner contre cette agression militaire contraire à toute morale et toute loi.
– Nous exhortons l’ONU à mettre en place, d’urgence, une zone d’exclusion aérienne au nord de la Syrie et à prendre immédiatement toutes les mesures qui s’imposent pour protéger et répondre aux besoins humanitaires de la population civile de la région ;
– Nous demandons aux organisations internationales et européennes de prendre contre le régime d’Erdogan toutes les sanctions diplomatiques et économiques nécessaires pour le faire renoncer à son projet d’invasion et de nettoyage ethnique au nord de la Syrie ;
– Nous demandons la mise en place d’une force d’interposition internationale le long de la frontière turco-syrienne pour stopper l’invasion turque et protéger la population civile ;
– Nous demandons l’inclusion des Kurdes dans le processus politique de résolution de la crise en Syrie ;
– Nous demandons à la Cour pénale internationale de poursuivre et condamner le Président turc Recep Tayyip pour crimes de guerre et crimes contre l’humanité. »

ANCHE LE FORESTE SANGUINANO… INDIA 2009- 2019: DIECI ANNI DALL’AVVIO DI GREENHUNT – di Gianni Sartori – (parte seconda)

greenhunt

Tre giorni prima sette guerriglieri erano stati uccisi nel Chhattisgarh.  Le forze speciali della polizia avevano aperto il fuoco contro l’accampamento di una quarantina di maoisti nella foresta di Sailpar (distretto di Rajnandgaon a circa 70 chilometri dalla capitale, Raipur). Oltre ai sette cadaveri, sono stati recuperati un AK-47, due fucili e alcune armi rudimentali.

Il Chhattisgarh, ricco di minerali ma poverissimo, è uno degli stati indiani (Maharashtra, Odisha, Jharkhand,  Bihar…) in cui la guerriglia naxalita è maggiormente radicata. Per questo il governo vi ha dislocato decina di migliaia di poliziotti e corpi speciali per eliminare  gli insorti. Invano, almeno finora.

Alla fine di luglio, invece, era stato un membro del corpo paramilitare denominato CRPF a perdere la vita colpito dall’esplosione di un ordigno artigianale (IED) nel distretto di Bastar (Chhattisgarh).

Qualche giorno prima, altri quattro militanti (di cui tre donne) integrati nella guerriglia erano state uccisi. Lo scontro a fuoco con le forze di sicurezza si era svolto nella foresta di Sendhbehra nella regione di Mechka (distretto di Dhamtari). Secondo la polizia ai quattro combattenti era stata data la possibilitĂ  di arrendersi. Notizia questa alquanto improbabile, conoscendo i metodi delle forze speciali.

Sempre alla fine di luglio, veniva messo in libertà Konnath Muralidharan più conosciuto come “compagno Ajith”.

Sospettato di essere un fiancheggiatore dei maoisti, era stato arrestato nel 2015 e rinchiuso a Yerawada. In precedenza la sua liberazione venne ripetutamente bloccata – con vari cavilli burocratici – dalla Corte suprema.

Come giĂ  visto, è alquanto significativa la presenza delle donne nei ranghi guerriglieri. Kuram Bhime – comandante maoista di un battaglione della PLGA –  è stata uccisa (presumibilmente intorno al 10 luglio) in combattimento nelle foreste del distretto di Sukma (Chhattisgarh).  Su questa compagna  – la sesta donna maoista uccisa nel 2019 –  da anni gravava il peso di una consistente taglia. La sua arma, ora recuperata dai corpi speciali (una brigata dei commando CoBRA***, soldati della Special Task Force e della District Reserve Guard) risaliva all’attacco guerrigliero di Tadmetal nel 201

Paradossale la notizia del 3 luglio. GiĂ  detenuto a Pune (Maharashtra) e accusato di “sedizione”, il poeta e militante Varavara Rao è stato nuovamente posto in detenzione – provvisoria – dalle autoritĂ  di Karnakata. Insieme a lui veniva arrestato Gaddar, altro poeta e militante comunista.

I due sono accusati di aver preso parte ad un attacco della guerriglia – risalente al febbraio 2015 – in cui avevano perso al vita sette soldati. Per P. Hemalatha, moglie del poeta e militante, si tratterebbe soltanto di pretesti per prolungare la detenzione del marito.

A fine giugno la guerriglia maoista era tornata a colpire. Tre membri della CRPF venivano uccisi nel distretto di Bijapur (Chhattisgarh). Stando alle dichiarazioni ufficiali, una brigata congiunta del battaglione 199 e della polizia locale era caduta in un’imboscata durante una operazione di controllo del territorio. Prima di ritirarsi i guerriglieri si sono impadroniti delle armi dei soldati caduti.

Sempre a fine giugno tre presunti militanti maoisti, in carcere dal 2005 e condannati all’ergastolo, venivano assolti dalle accuse e due di loro rimessi in libertĂ .

Sushil Roy, Patitpaban Haldar e Santosh Debnath erano stati arrestati 14 anni fa nella regione di Jangalmahal (Bengala occidentale) con l’accusa di aver sobillato la popolazione invitandola a prendere le armi contro il governo.

In loro possesso venivano trovati, oltre a vari libri ispirati al maoismo, poche munizioni e un candelotto di gelatina.

Processati per “sedizione”, erano stati condannati alla pena perpetua in base all’Arms Act. Nel 2006 i loro avvocati avevano interposto appello, ma solo nel giugno 2019 (dopo 14 anni di galera) la Calcutta High Court li ha riconosciuti innocenti rispetto a tutte le accuse. Patitpaban Haldar e Santosh Debnayh hanno così potuto lasciare il carcere. Sfortunatamente l’altro imputato, Sushil Roy, nel frattempo era deceduto (nel 2014).

Il 19 giugno un’altra guerrigliera cadeva in combattimento nel Bastar. Seema Mandavi, comandante del Sitanandi Area Committee, era accusata di molti reati, anche omicidi nei confronti delle forze dell’ordine. Informate della presenza di una ventina di guerriglieri alla frontiera tra i distretti di Dhamtari e di Kander, le autoritĂ  vi avevano una brigata della Special Task Force per intercettarli. Verso le sei-sette del mattino, dopo circa trenta minuti di scambi di colpi, i maoisti avrebbero scelto di ritirarsi.

Di seguito, mentre rastrellavano la zona, i militari hanno scoperto il corpo senza vita di Seema Mandavi. Accanto a lei un fucile Insas e due caricatori.

Nella notte tra il 14 e il 15  giugno, le forze di sicurezza della Border Security Force erano riuscite catturare (dopo lunghi appostamenti e uno scontro a fuoco con la guerriglia)  Chandra Sisa (Chandan), militante maoista attivo nel distretto di Malkangiri (Odisha)

Membro dell’Andhra-Odisha Border Special Zonal Commitee del PCI (maoista), Chandan era ricercato da lungo tempo.

Verso la metĂ  di giugno ancora spargimento di sangue. Cinque poliziotti – tra cui due ispettori – del commissariato di Tiruldih sono stati uccisi da guerriglieri maoisti (anche se permane ancora qualche dubbio sulla reale identitĂ  del commando) in un’imboscata vicino alla frontiera tra Jharkhand e Bengala occidentale. 

Allo stesso periodo (11 giugno) risale la cattura di due sessantenni, la cosiddetta “coppia maoista”: Kiran Kumar  e sua moglie Narmada (Krishna Kumari). Entrambi in clandestinitĂ  da piĂą di venti anni, ritenuti membri del Comitato regionale del PCI (maoista) e su cui da tempo pendeva una taglia. L’operazione, condotta dalla polizia di Maharashtra, si è svolta nello stato del Telengana. I due erano ricercati in quanto ritenuti responsabili di aver organizzato l’attacco del mese precedente contro Bhima Mandavi, parlamentare del BJP (nel distretto di Dantewada, Chhattisgarh).

Erano inoltre sospettati di aver preso parte – il 1 maggio – a un’azione contro le forze di polizia nel distretto di Gadchiroli.

Krishna Kumari era conosciuta come responsabile del KAMS (Krantikari Adivasis Mahila Sanghatan), la “brigata culturale” dei maoisti.

Il 4 giugno 26 persone, tra soldati della CRPF e poliziotti (la maggior parte membri del battaglione CoBRA e della  Special Task Force di Jarkhand) sono rimasti feriti per l’esplosione di alcuni ordigni rudimentali (IED) tra i rilievi collinari di Rai Sindri del distretto di Sarikela-Kharsawan. Nessuna traccia dei guerriglieri nonostante gli immediati rastrellamenti nell’area.

Il 28 maggio, in un episodio dalla medesima dinamica, altri 15 soldati erano rimasti feriti per un IED nel distretto di Kharsawan (Jharkhand). In questo caso i maoisti avevano poi aperto il fuoco contro i militari. La zona era stata immediatamente rastrellata per opera, oltre che della polizia locale, dei corpi speciali delle unitĂ  CoBRA e Jharkhand Jaguar.

Contemporaneamente due guerriglieri armati di archi e frecce (Kawasi Masa di 26 anni e Kudami Hadma di 25, su entrambi pendeva una taglia) venivano arrestati nella regione di Katekalyan (distretto di Dantewada, Chhattisgarh).  Le accuse nei loro confronti: aver organizzato riunioni tra la popolazione e i maoisti e il sabotaggio di binari ferroviari.

La polizia locale, rinforzata da esponenti del battaglione 195 della CRPF, aveva individuato un raduno di numerose persone che poi sono riuscite a fuggire. Tranne i due catturati.
Il 20 maggio due membri della Special Auxiliary Police del Jharkhand sono rimasti feriti in uno scontro a fuoco con i maoisti nel distretto di Seraikela-Kharswan. Stando alle dichiarazioni delle forze dell’ordine, anche diversi guerriglieri sarebbero rimasti feriti. A conferma, durante l’immediato rastrellamento, sono state rinvenute cospicue tracce di sangue lungo i sentieri utilizzati dai maoisti per sganciarsi.

La lista sarebbe lunghissima, ma mi fermo qui.

Concludo con una considerazione.

Per definire questo tragico, pluridecennale  contenzioso che vede le popolazioni indigene (adivasi), i diseredati senza casta (dalit) e i guerriglieri maoisti (naxaliti) contrapporsi, resistere al governo indiano, alle multinazionali e ai loro programmi di sfruttamento, devastazione ambientale e sterminio un termine appropriato sarebbe “stillicidio”.

Uno stillicidio sanguinante, doloroso che – di giorno in giorno – allunga il rosario delle vittime. Soprattutto tra la popolazione civile e i combattenti maoisti (ma anche tra le forze dell’antiguerriglia, esercito e polizia).

A trarne vantaggio e profitto, come da manuale, classi dominanti (alti gradi militari in particolare) e multinazionali.

Usque tandem?

Gianni Sartori

*nota 1: 

La strategia politica di Charu Mazumbar, sviluppata sulla base del pensiero di Mao Zedong, prevedeva di innescare – attraverso la guerriglia contadina – una percorso insurrezionale. Al fine di creare “zone liberate” in un territorio coperto da foreste e montagne. Come appunto la regione prescelta di Naxalbari, dove si mantiene vitale un tradizionale spirito di ribellione contro i grandi proprietari terrieri da parte delle comunitĂ  agricole tribali, gli adivasi (meno sottoposti alla gerarchia delle caste rispetto agli agricoltori poveri o forse solo meno “addomesticati”).

**nota 2:

https://centrostudidialogo.com/2018/09/25/india-lingue-e-popoli-minacciati-dal-progresso-di-gianni-sartori/

***nota 3:

Il Commando Battalion for Resolute Action (CoBRA) è una brigata della CRPF specializzata in contro-insurrezione.