#Turchia #Repressione – PERQUISIZIONI E ARRESTI CONTRO GRUP YORUM – di Gianni Sartori

Forse vi ricordate gli hunger strikers morti nelle carceri turche cinque anni fa.

Tra loro Ebru Timitk (esponente degli avvocati del popolo) deceduta il 27 agosto 2020, dopo 238 giorni di sciopero della fame. Accusata di far parte dell’organizzazione di estrema sinistra  DHKP-C (Devrimci Halk Kurtuluş Partisi-Cephesi). Anche se in realtà la sua vera “colpa” era quella di aver assistito i prigionieri politici e i loro familiari.

Ma con Timtik erano già quattro le persone accusate di appartenenza a DHKP-C e decedute in sciopero della fame nel 2020.

Prima di lei, Helin Bolek, cantante di Grup Yorum, morta il 3 aprile dopo 288 giorni di sciopero della fame; il bassista della stessa band, Ibrahim Gokcek, era deceduto il 7 maggio dopo 323 giorni di digiuno; qualche giorno prima, il 24 aprile, la medesima sorte era toccata ad un altro membro di Grup Yorum,Mustafa Kocak (dopo 296 giorni di sciopero).

Ricordo che fin dalla nascita nel 1985, Grup Yorum ha sempre garantito il proprio sostegno (e la sua presenza) sia alle lotte della popolazione turca che a quelle internazionali per la giustizia e la libertà, coniugando sapientemente la vena di protesta con le melodie tradizionali. A conferma del suo spirito internazionalista e del rispetto per tutte le culture, le canzoni vengono eseguite sia in curdo che in arabo e in circasso, sostanzialmente in tutte le lingue parlate in Anatolia.

Presente nelle manifestazioni contro il regime turco di studenti, operai, minatori, contadini, sempre a fianco dei popoli oppressi (nonostante qualche “sbavatura” nei confronti dei curdi, va detto)* i membri di Grup Yorum hanno subìto (oltre alla scontata censura, repressione, galera e torture) oltre 400 processi processi. Continuando a esibirsi nei concerti in quanto «strumento della coscienza collettiva» di oppressi, sfruttati, umiliati e offesi. Voce di coloro che continuano a rialzare la testa, nonostante tutto.

Producendo una trentina di album di cui sono stati venduti oltre due milioni di esemplari.

Evidentemente, nonostante la repressione, in questi anni la voce e la musica di Grup Yorum (dal 40 anni una spina nel fianco del regime turco) non si erano spente.

Tanto che possiamo dire che forse “ci risiamo”. Il 25 novembre a Istanbul una nuova ondata di perquisizioni e arresti ha colpito membri della band e sostenitori. In particolare è stata attaccato il centro culturale Idil Kültür Merkezi dove lavora Grup Yorum (e alcuni manufatti, strutture e strumenti di lavoro sarebbero stati distrutti o incendiati).

Con altrettanta brutalità la polizia è entrata nel centro per anziani Sevgi Erdoğan Vefa Evi che – stando alle testimonianze – sarebbe stato “saccheggiato”.

Così come sono state perquisite molte abitazioni private.

Nove persone sono state arrestate. Si tratta di: Hüseyin Kütük, Beyza Gülmen, Can Kaba, Turgut Onur, Yeliz Kütük, Köksal Taş, Vedat Doğan, Şura Başer, Barış Yüksel.

Gianni Sartori

* nota: https://centrostudidialogo.com/2021/04/30/turchia-opinioni-grup-yorum-una-presa-di-posizione-perlomeno-discutibile-di-gianni-sartori/

#Asia #Popoli – MIGLIAIA DI ADIVASI PRESENZIANO AL FUNERALE DEL NAXALITA MADVI HIDMA – di Gianni Sartori

Comunque vada a finire, pare evidente che i partecipati funerali di Madvi Hidma (Santosh) nel villaggio natale di Puvarthi, distretto di Sukma nel Chhattisgarh (inevitabile pensare a quelli grandiosi di Durruti ucciso il 20 novembre del ’36), vanno in assoluta controtendenza con quanto gran parte degli osservatori internazionali (si parva licet, anche chi scrive) dava ormai per scontato. Ossia la sostanziale fine del movimento naxalita. In particolare dopo l’ennesimo episodio di resa di alti dirigenti maoisti (una decina dal 2024) il 28 ottobre: Pulluri Prasad Rao (Shankaranna, membro del comitato centrale) e Bandi Prakash (Prakash, membro del comitato di Telangana).

Il 18 novembre il comandante maoista Madvi Hidma, sua moglie Raje (Rajakka) e altri quattro maoisti erano stati uccisi in circostanze non chiare (si ipotizza un’esecuzione extragiudiziale da parte dei paramilitari anti-guerriglia) nella foresta di Maredumilli (distretto di Alluri Sitharama Raju, in Andra Pradesh). Nello stesso giorno venivano arrestati una trentina di maoisti.

Al funerale hanno partecipato, nonostante il clima repressivo instaurato dal governo (dopo l’autopsia il corpo è stato trasferito sotto ampia scorta militare e il villaggio era presidiato da un consistente dispositivo di sicurezza), migliaia di adivasi, gli indigeni autoctoni tra i quali godeva di ampia popolarità.

Le esequie si sono svolte secondo il rito tradizionale adivasi.

Ma chi era Madvi Hidma? Nato nel 1981, al momento della morte risultava comandante di alto livello del Partito comunista dell’India (maoista) Era ritenuto responsabile di numerose azioni della guerriglia natalità, tra cui l’attaccodel 2013 nella valle di Darbha. Si era integrato nel PCI (maoista) alla fine del secolo scorso per diventare in breve tempo comandante del 1° battaglione di Plga, considerata l’unità d’élite della guerriglia, nella regione di Dandakaranya (estesa in Chhattisgarh, Odisha, Andhra Pradesh, Telangana e Maharashtra). Oltre che il più giovane, era l’unico esponente tribale di Bastar in seno al comitato centrale. La sua morte (successiva di qualche mese a quella dell’ex segretario generale maoista Nambala Keshava Rao) è caduta in una fase convulsa per il movimento naxalita a causa dei numerosi arresti e capitolazioni. Sotto i colpi dell’operazione contro-insurrezionale Kagaar con cui il governo Modi intende risolvere entro l’anno prossimo (definitivamente e manu militari) la pluridecennale questione dell’insorgenza maoista e tribale.

Gianni Sartori

#Americhe #Brasile – LA LCP ANCORA SOTTO TIRO – di Gianni Sartori

Come in passato, gli accampamenti dei contadini poveri vengono attaccati e distrutti, mentre le famiglie sono deportate.

La Lega dei Contadini Poveri (LCP) è un movimento popolare del Brasile ben radicato negli stati occidentali di Rondônia e Amazonas.

Già finita, suo malgrado, sotto i riflettori dei media nell’ottobre 2020 quando l’Accampamento di Tiago Campin dos Santos (con circa seicento famiglie di contadini e oltre un centinaio di bambini) veniva attaccato dal BOPE (polizia militare) e dalla Forza Tattica con impiego di elicotteri e granate lacrimogene.

Eravamo in piena era-Bolsonaro e lo scopo evidente era quello di sfrattare i contadini per consegnare le terre occupate ai latifondisti.

Oltre a distruggere le cucine collettive e depredarli dei loro miseri averi (attrezzi da lavoro, telefoni, documenti, un po’ di denaro..), i militari avrebbero costretto i contadini ad assistere alla proiezione di un video in cui Bolsonaro stesso li minacciava “di morte” se non avessero consegnato i loro leader. 

Infine i contadini con i loro familiari sono stati caricati a forza sui camion forniti dai latifondisti per deportarli lontano, a Vila Penha.

Alcune persone dell’accampamento in seguito risultarono desaparecidas.

Le cose non erano tanto cambiate un anno dopo quando, il 29 ottobre 2021, due membri della LCP (Gedeon José Duque e Rafael Gasparini Tedesco) venivano assassinati nel corso di un episodio simile: lo sgombero con la forza di oltre 700 famiglie nella zona di Nova Mutum.

In questa circostanza decine di pistoleros sul libro paga dei latifondisti avevano dato man forte al Battaglione delle Operazioni Speciali.

Le famiglie le cui abitazioni erano state distrutte rimanevano poi a lungo in situazione precaria, senza acqua e cibo, sottoposte a minacce e violenze. Nello stesso periodo altri sette contadini legati alla LCP erano stati assassinati nella regione di Nova Mutum.

In questi giorni le cose sembrano doversi ripetere con l’operazione “Godos” avviata nello stato di Rondônia (nella parte nord-occidentale del Brasile, confinante con la Bolivia) contro la LCP.

Per l’occasione sono stati mobilitati circa 500 poliziotti, sia civili che militari.

Al momento le persone arrestate sono una ventina, una cinquantina quelle ricercate e almeno una vittima, un contadino, ancora nella zona di Tiago Campin dos Santos.

Il 12 novembre, a Ji-Paraná, veniva arrestata anche l’avvocato Lenir Correia, membro dell’ABRAPO (gli “avvocati del popolo”), da tempo in prima linea nella difesa dei contadini diseredati.

Appare evidente che anche con la presidenza di Luiz Inácio Lula da Silva (in ogni caso assolutamente non paragonabile a quella di Bolsonaro) le contraddizioni emergono prepotentemente.

Come l’11 novembre quando decine di indigeni (respinti dalle forze dell’ordine) avevano tentato di superare le barriere alla “zona blu” (quella dei dibattiti) della COP30 a Belem. Denunciando l’incremento della deforestazione e le trivellazioni.

Alle proteste il governo aveva risposto positivamente annunciando il riconoscimento come proprietà indigena di altri dieci territori ancestrali in diverse aree del paese. Un procedimento tecnicamente noto come “demarcazione” che dovrebbe garantire agli indigeni il diritto di consentire o meno attività di sfruttamento minerario o agricolo del territorio (ben sapendo che in genere tali attività vengono proibite dai nativi). D’accordo, siamo al minimo sindacale, ma comunque sempre meglio che all’epoca di Jair Bolsonaro. Se infatti con Lula sono già stati riconosciuti una ventina di territori indigeni, con il governo precedente nemmeno uno.

E anche per la ministra dei Popoli indigeni del Brasile Sonia Guajajara “il riconoscimento dei diritti territoriali deve essere uno degli obiettivi principali della COP30”.

Un’ultima considerazione poi sui recenti massacri di fine ottobre, quando il Battaglione delle operazioni speciali di polizia (2500 uomini del BOPE) ha causato la morte di circa 150 persone (in maggioranza pretos e pardos) nelle favelas dei quartiere Alemão e Penha di Rio de Janeiro. Un’operazione organizzata, senza autorizzazione del governo federale, dal governatore di Rio Claudio Castro (di estrema destra, vicino a Bolsonaro) che ufficialmente era di contrasto al narcotraffico, ma con evidenti riflessi propagandistici e anche elettoralistici.

O forse, come suggeriva qualche osservatore, un preludio, un esperimento di “strategia della tensione” in salsa brasiliana. Per screditare il governo di Lula e creare un clima favorevole al ritorno di Bolsonaro & C.

Vedi anche, si parva licet, i dubbi sull’origine dell’incendio del 20 novembre in un padiglione all’interno della sede dei negoziati sul clima delle Nazioni Unite alla COP30.

Gianni Sartori

#Kurds #Iraq – ANCORA UNA MANO TESA DELL’EX PKK AL REGIME TURCO (NELLA SPERANZA DI UNA DEFINITIVA SOLUZIONE POLITICA DEL CONFLITTO – di Gianni Sartori

Il 17 novembre l’ormai ex Partîya Karkerén Kurdîstan (PKK, Partito dei Lavoratori del Kurdistan) ha confermato di aver completato nel giorno precedente il ritiro dei combattenti da alcune zone frontaliere del nord dell’Iraq (regione di Zap).

Una misura che si inserisce nella nuova strategia per “contribuire alla pace e alla democratizzazione in Turchia”. In questi ultimi otto mesi l’ex PKK ha compiuto vari gesti di pacificazione e riconciliazione: dal cessate il fuoco unilaterale del marzo 2025 all’auto-dissoluzione  in maggio, fino alla cerimonia di distruzione delle armi in luglio.

Per continuare con l’evacuazione dei guerriglieri dalla Turchia in ottobre.

Anche se, va detto, con risposte per ora insoddisfacenti dalla controparte turca.

Nella regione di Zap, pesantemente colpita fin dal 2008 dalle operazioni militari di Ankara e dai bombardamenti, esistevano alcune basi storiche (di valore anche simbolico) della guerriglia curda. Qui si era insediato il suo primo quartier generale prima del trasferimento a est, sui monti Qandil.

Sempre in Iraq, il 19 novembre alcuni esponenti dell’amministrazione arabo-curda del Rojava hanno partecipato al Forum sulla Pace e sulla Sicurezza nel Medio-Oriente (MEPS) in corso presso l’Università americana di Duhoki (Kurdistan del Sud, in territorio iracheno).

Si tratta di Mazloum Abdi (comandante in capo delle Forze Democratiche Siriane) e di Ilham Ahmed (copresidente del dipartimento delle relazioni estere dell’Amministrazione autonoma del Nord e dell’est della Siria).

Al Forum (siamo alla quinta conferenza annuale organizzata dall’Università americana del Kurdistan) partecipano numerosi esponenti politici, universitari, ricercatori e scrittori statunitensi, europei e medio-orientali.

Gianni Sartori

#Matinik #StopColonialism – IL RILASCIO DEI MILITANTI ACCUSATI DI AVER ABBATTUTO ALCUNE STATUE IN MARTINICA NEL 2020 – di Gianni Sartori

elaborazione su immagine @ Mélissa Grutus

Matinik (Martinique, Martinica): il 17 novembre sono stati rilasciati undici giovani militanti (sei uomini e cinque donne), accusati di aver danneggiato (“déchoukées”, letteralmente “sbullonate”) alcune statue il 22 maggio 2020 (giornata dell’abolizione della schiavitù) e poi il 26 luglio. Due di Victor Schœlcher (colonizzatore del XVII° sec., fondatore delle prime colonie nelle Antille), una – già decapitata nel 1991 – di Joséphine Beauharnais (associata al ripristino della schiavitù da parte del marito, Napoleone, nel 1802) e un’altra di Pierre Belain d’Esnambuc, rivendicando il loro gesto come “un atto legittimo di anticolonialismo”. 

Nel maggio 2022 l’isola (dipartimento d’oltre mare francese) era stata letteralmente rastrellata per identificare e interrogare una decina di sospetti. Ammanettati e arrestati in attesa del processo che si è svolto in questi giorni nella capitale Fort-de-France.

Mentre risultano assolti quelli accusati di aver danneggiato le statue di Pierre Belain d’Esnambuc e di Joséphine de Beauharnais, sono stati ritenuti colpevoli ( ma comunque non condannati, anche il pubblico ministero aveva riconosciuto il “valore simbolico del gesto” ) coloro che avevano colpito le statue di Victor Schoelcher.

Forse perché in realtà Schoelcher non era un volgare colonizzatore, ma un addirittura un abolizionista. Messo comunque in discussione da una parte dei militanti in quanto la sua immagine paternalistica di “sauveur blanc” offuscherebbe, renderebbe “invisibile” la resistenza degli schiavi stessi.

Il processo è stata seguito da un folto pubblico (composto da insegnanti, artisti, esponenti del mondo culturale… ), la maggior parte a sostegno degli imputati (numerosi gli applausi). In quanto “è la storia stessa della Martinica, con i suoi simboli e le sue ferite, a venir portata in tribunale”.

Ossia, come ha commentato un altro militante: “Quello che stanno giudicando non è tanto la questione delle statue, ma il modo in cui si vuole raccontare la storia della Martinica”.

Aggiungendo che “da Bristol alla Guadalupa, dal Mississippi alla Martinica, i popoli si riappropriano della loro storia. Distruggere una statua significa aprire uno spazio per il dibattito”.

All’epoca i video delle spettacolari azioni dirette denominate “déchoukaj” (un termine creolo originario di Haiti per indicare la vendetta contro gli oppressori, i colonizzatori) avevano avuto vasta diffusione. 

All’esterno del tribunale, nella vicina place Bertin, venivano intanto lette poesie e opere di artisti locali. Inalberando striscioni come “Giudicare la gioventù significa condannare la memoria vivente”.

Appare evidente che anche a ormai quasi venti anni dalle rivolte del 2009, la popolazione della Martinica (Matinik in creolo) non ha smesso di interrogarsi su quale sia il suo posto nella storia francese. 

Gianni Sartori

#IncontriSulWeb – UN VIAGGIO IN ROMAGNA – venerdì 21 novembre – ore 18

Abbiamo incontrato Carla Fabbri che ricopre la carica di Presidente dell’Istituto Friedrich Schürr, un’associazione con alle spalle quasi tre decenni di attività, che opera per la promozione dell’utilizzo del Romagnolo e per la conservazione della cultura tradizionale, attraverso pubblicazioni, interventi sul territorio e attività on-line.
In contemporanea sui nostri canali social e sul nostro Blog.

“TRA PRESTIGIO E DIMENTICANZA – LE LINGUE DELL’ITALIA SETTENTRIONALE VISTE DAI GIOVANI” – di Gerard Janssen Bigas

Pubblichiamo la tesi di laurea redatta da Gerard Janssen Bigas, un giovane catalano, che abbiamo intervistato in una puntata di #IncontriSulWeb. E’ stata preparata durante un soggiorno a Milano per un Erasmus e presentata all’Università Pompeu Fabra di Barcelona, l’ateneo frequentato da Gerard. E’ scaricabile gratuitamente da questa pagina. Complimenti per il lavoro al nostro giovane amico e buona lettura a tutti.