#Kurdistan #Opinioni – TONI NEGRI, I CURDI…E FORSE UN PO’ DI NOSTALGIA – di Gianni Sartori

Chi l’avrebbe mai detto che un giorno mi sarei – almeno in parte – “riconciliato” con Antonio Negri? Anche se solo al momento della sua dipartita.

Mi spiego e riassumo. Tanto per la cronaca, di persona non l’ho mai incontrato. Tuttavia tra il 1970 e il 1971 frequentai per incontri e riunioni la vecchia sede vicentina di Potere Operaio (da ora PotOp), la prima, quella di Santa Caterina (tra “el Porton del Luzo” e le “scaete de MonteBerico”).

Oltre naturalmente a decine di manifestazioni sia a Vicenza che a Padova.

La presenza di “Toni”, come lo chiamavano familiarmente e quasi affettuosamente i due capetti del PotOp vicentino (tanto per far sapere – a noi di bassa manovalanza – quanto lo frequentassero abitualmente), aleggiava pervasiva – una sorta di entità di ordine superiore – nelle conversazioni e nelle discussioni (in genere animate). Diciamo che mentre loro pendevano dalle labbra del “profeta operaista”, anche a distanza, personalmente avevo qualche difficoltà nel decifrarne sofismi e concetti perentori (1). Negli anni successivi avevo inoltre criticato, nel senso di analizzato, alcuni comportamenti non sempre coerenti. Per cui, a conti fatti, lo avevo escluso dal mio affollato pantheon personale (dove invece trovavano spazio personaggi anche diversi come Victor Serge, Carlo Rosselli, Lumumba, Ruth First, Durruti, Thomas Sankara…e più recentemente Ocalan).

Avendo poi, prima per necessità poi per scelta (2), svolto per anni attività poco intellettuali, sia come facchino (con le famigerate, anche allora, “cooperative”: in realtà una copertura per il lavoro nero) che da operaio, avevo sviluppato una certa idiosincrasia nei confronti di leader, capetti di buona famiglia e docenti universitari. 

Se poi aggiungiamo – da parte mia – una innata propensione antiautoritaria, si spiega come ad un certo punto (stufo di sentirmi dire con insistenza “…faremo come in Spagna…”, un richiamo al maggio ’37 di Barcellona) presi il largo (pur mantenendo con alcuni, pochi, rapporti di amicizia personale).

C’era anche dell’altro ovviamente, magari con il senno di poi. Le responsabilità morali di una parte dei dirigenti di PotOp (ma dei romani, non di Negri) nel rogo di Primavalle del 1973 in cui persero la vita i due fratelli Virgilio e Stefano Mattei. Soprattutto l’aver lasciato credere a tanti militanti in buona fede che la responsabilità di quelle due morti orribili andava accreditata ai neofascisti. Paragonandole addirittura – in uno slogan spesso scandito nei cortei – alle stragi (quelle sì opera dei fascisti) di Piazza Fontana e Brescia.

Questo proprio non l’avevo mai perdonato a chi presumibilmente era al corrente delle reali dinamiche fin dai primi giorni e non ne aveva parlato. Come poi ammise uno dei dirigenti: “Se Potere Operaio fosse stato veramente un’organizzazione rivoluzionaria…li avremmo fucilati”. Con l’evidente sottinteso che in realtà non lo era, non compiutamente almeno.

E INVECE…

E invece ora scopro, se pur tardivamente, che il Negri godeva di grande considerazione presso i Curdi.

Doveroso quindi da parte mia ripensarci.

Dato che considero i curdi, in particolare quelli che stanno lottando per il Confederalismo democratico, una delle poche realtà politicamente (e umanamente) decenti sull’attuale globo terracqueo. 

Così ha commentato, rendendogli omaggio, la scomparsa del filosofo il Consiglio Esecutivo del KNK (Congresso Nazionale del Kurdistan): “E’ con grande tristezza che abbiamo appreso della morte del filosofo Antonio (Toni) Negri a Parigi, la notte scorsa” . Aggiungendo, dopo le condoglianze (“profonde e sincere”) alla famiglia che “Toni Negri fu un caro amico del popolo curdo, sempre disposto a fare quanto era necessario per far avanzare la causa del Movimenti di Liberazione del Kurdistan”.

Spiegando come Negri ( “uno dei maggiori filosofi del secolo scorso” ) fosse un “avido lettore dei libri di Abdullah Öcalan che aveva definito come l’Antonio Gramsci della sua terra”.

In varie occasioni Negri aveva preso pubblicamente posizione contro quella che definiva senza mezzi termini “la guerra genocida dello Stato turco contro il popolo curdo”, in particolare nel nord e nell’est della Siria invasa dalle truppe di Ankara e dai mercenari jihadisti.

Non solo. Aveva pronunciato parole inequivocabili anche in merito all’ingiusta detenzione di Abdullah Öcalan in quanto:

“Come Mandela nel XX secolo, così Öcalan è diventato un prigioniero leggendario nel XXI”. Elaborando una serie di concetti che passo dopo passo si avviano a diventare “i pilastri della costruzione di un nuovo mondo”.

Commentando il testo di Öcalan “Manifesto per una civilizzazione democratica” aveva scritto: “Mi piacerebbe veramente poter esprimere direttamente a Öcalanil mio rispetto per la sua persone e l’onore che provo nel presentare i suoi libri”.

Negri considerava questa opera semplicemente “straordinaria”.

Un libro scritto da un uomo incarcerato e tuttavia capace di “sviluppare un pensiero che distrugge ogni serratura”.

La testimonianza indelebile di “un leader politico che in condizioni impossibili continua a rinnovare un insegnamento etico e civile per il suo popolo. Un Antonio Gramsci per la sua nazione. Un esempio per tutti”.

Qui , spiegava Negri, Öcalan affronta il dualismo (classe e civilizzazione)che ha contraddistinto la nostra vita fin dalle origini, dai primordi: “da un lato lo Stato, dall’altro la comunità”. Quello che emerge, sia sul piano antropologico che etnologico, è che la struttura sociale della Mezzaluna Fertile e del successivo sviluppo della società civilizzata sarebbe sostanzialmente “una grande metafora, un paradigma che anticipa la moderna società capitalistica”.Una prova della sostanziale “falsità della pretesa del capitalismo di rappresentarsi come un sistema finale, definitivo”.

Detto fuori dai denti “che il capitalismo costituisca la fine della storia”, uno statu quo stabile e permanente.

Una prevaricazione protrattasi in epoca moderna con lo sfruttamento del proletariato e resa possibile anche – o soprattutto – dall’egemonia ideologica perpetrata dagli Stati.Fondamento della coercizione, della tirannia, dell’oppressione

Invece entrambi i pensatori, burlandosi di questa pretesa infondata, si richiamano alla “lotta (le cui origini risalgono ad almeno cinquemila anni) tra la civilizzazione-Stato e la civilizzazione democratica (costituita dalle comunità agricole e marginali antecedenti allo Stato).

Come è noto Öcalan individua fondamentalmente tre elementi negativi operanti nella civilizzazione contemporanea: gli Stati-nazione, il capitalismo e il patriarcato. Costitutivi della famigerata “modernità capitalistica”.

Con l’autonomia democratica il movimento curdo si prefigge di ricreare una società politica e morale decolonizzata, quellache la modernità capitalistica aveva infranto. O almeno ci stanno provando come in Rojava. 

Un superamento anche di quel “nazionalismo primitivo” che identificava l’autodeterminazione delle Nazioni senza Stato con l’aspirazione alla costruzione di un ennesimo Stato-nazione.

Forse con una certa dose di approssimazione Negri aveva stabilito una qualche assonanza, analogia tra la lotta attuale dei curdi e i “movimenti autonomi della seconda metà del secolo scorso”. In particolare per la loro contrapposizione rispetto ai movimenti terzomondisti del tempo.

Personalmente non credo sia il caso di stabilire parallelismi tra le insorgenze italiche degli anni settanta e l’attuale resistenza curda. Stiamo parlando di cose assai diverse, per certi aspetti antitetiche. Nel primo caso ci troviamo immersi nel pantano di rapporti sociali in via di frammentazione, dissoluzione. Tra lo sradicamento indotto dalle migrazioni del proletariato meridionale a Torino, Milano e Genova (foriere comunque di lotte straordinarie, forse il “canto del cigno” della classe operaia, ma comunque assai sonoro, dirompente), lo stragismo parastatale a manovalanza fascista e la successiva demolizione del sistema industriale. Con la “fabbrica diffusa”, la dispersione sul territorio dei lavoratori nelle piccole imprese (Veneto docet). Rottura epocale di lotte e rapporti unitari, collettivi.

Fino all’estremo sussulto del ’77, un rigurgito nostalgico delle classi subalterne (forse ancora una volta “per sé” oltre che “in sé”) al bisogno di comunità, una ribellione disperata all’esproprio totale della vita dal parte del capitalismo.

A conclusione della sua vita complessa (e non priva di debolezze umane e contraddizioni) Toni Negri (“spinozista” per autodefinizione) si era quindi guadagnato meritatamente la stima dei curdi, interpretando acutamente e valorizzandoil pensiero di Öcalan. Segno che non aveva mai perso la capacità di rinnovarsi, superarsi, rigenerarsi intellettualmente. Alimentando le nuove forme della lotta di classe e di liberazione dei popoli oppressi. Schierandosi sempre, ma senza rimanere invischiato in un polveroso e forse sclerotizzato leninismo.

Non è cosa da poco per uno nato nel 1933 e considerando l’ampio arco di tempo della sua vita “spericolata”.  

Gianni Sartori

(1) tra le mie letture difficoltose (di alcune mai arrivato fino in fondo): “La forma Stato. Per la critica dell’economia politica della Costituzione” (quello con la copertina di Escher), “La fabbrica della strategia, 33 lezioni su Lenin”, “Marx oltre Marx”, “L’anomalia selvaggia” (su Spinoza), “Il dominio e il sabotaggio. Sul metodo marxista della trasformazione sociale” (opuscoli marxisti 21)….Nel corso degli anni poi ho spesso ripreso in mano, sperando con l’età di avere acquisito i mezzi per comprenderlo, l’opuscolo “Alle avanguardie per il partito” (della segreteria nazionale di Potere Operaio). Ma invano.

(2) come forse avevo già raccontato pur avendo vinto un concorso statale (da insegnante elementare) agli inizi degli anni settanta, ero ritornato alle attività più “manuali” dopo aver scoperto che per insegnare avrei dovuto subire le forche caudine del “giuramento”.

NdR – Aggiungiamo al testo dell’articolo di Gianni Sartori la segnalazione di un volume sulla figura di Öcalan al quale hanno contribuito molti noti esponenti della cultura e della politica: https://ocalanbooks.com/#/book/building-free-life

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