Mese: aprile 2022
#Belarus #Repressione – Quattro anarchici condannati in Bielorussia – di Gianni Sartori

Vabbé, ci sarebbe ben altro di cui preoccuparsi.
Per esempio del Kurdistan. Dopo la fase esaltante della lotta di liberazione – vincente, almeno per un po’ – in Rojava e dintorni, rischia di sprofondare di nuovo nelle tenebre dell’indifferenza e della rimozione (da parte dell’opinione pubblica, magari della stessa che solo qualche anno fa si commuoveva per le “bellissime guerriere curde”). Particolarmente in Bashur (Kurdistan “iracheno”) dove l’esercito e l’aviazione turchi (membri della Nato) proseguono nella guerra di sterminio nei confronti dei curdi (utilizzando anche gas letali). Oppure dei dimenticati Paesi Baschi. Con gli ultimi prigionieri politici indipendentisti che rischiano di crepare in carcere. Se non per malattia, semplicemente per ragioni anagrafiche. Per non parlare di Assange, sul punto di essere consegnato, mani e piedi legati, all’odierna Inquisizione.
E così per tante altre infamie contro i diritti dei popoli oppressi, delle classi subalterne, dei diseredati, delle minoranze…
Tuttavia vorrei spendere due parole anche per i quattro compagni anarchici condannati (complessivamente per una ventina di anni) in Bielorussia.
Fermo restando – ribadisco – che in linea di massima condivido l’opinione attribuita a Clemenceau: “chi non è anarchico a venti anni non ha cuore, chi è ancora anarchico a quaranta ( e oltre, ovviamente nda) non ha testa”.
Nonostante lo specifico capo di accusa sia rimasto sostanzialmente sconosciuto, così come le prove a carico degli imputati (infondate, per quanto è possibile intuire), dopo un processo tenuto a porte chiuse, il 22 aprile è stato emesso il verdetto per quello che viene chiamato “l’affaire Pramen” (in riferimento all’omonimo sito @Pramenofanarchy).
Un tribunale di Minsk ha condannato i militanti libertari Aliaksandr Bialou, Jauhen Rubashka e Artsiom Salavei a cinque annni di prigione (a testa ovviamente). Un altro imputato – anche lui di nome Artsiom Salavei – a quattro anni e mezzo.
I primi due erano già stati arrestati il 29 luglio 2021 per aver preso parte alle manifestazioni e marce di protesta dell’agosto 2020 (successive alla rielezione di Lukachenko) in cui si sarebbe registrata la presenza di gruppi auto-organizzati (presunti black bloc).
Per la cronaca, manifestazioni e marce erano state duramente represse.
Rimessi in libertà, avevano denunciato di essere stati picchiati e sottoposti a maltrattamenti (in particolare a quella che altrove si chiama “bolsa”, la tortura della testa infilata in un sacchetto di plastica, con principi di soffocamento). E’ possibile quindi che la condanna abbia rappresentato una sorta di ritorsione per quelle denunce.
Per quanto riguarda @Pramenofanarchy, si tratterebbe di un collettivo di media che informano – soprattutto attraverso il canale Telegram di Pramen – in merito ai movimenti libertari, anarchici e genericamente dissidenti. Quanto alla partecipazione dei quattro imputati, probabilmente consisteva nell’abbonamento a una catena di informazione su Telegram. Significativo che Pramen sia stato classificato come “formazione estremista” solo nel novembre 2021 (ossia dopo l’arresto dei quattro).
Gianni Sartori
#7NotePerUnaNuovaEuropa #Breizh
#7NotePerUnaNuovaEuropa #Sardigna
#Kurdistan #Ambiente – Leopardi in via di estinzione nel Kurdistan iracheno – di Gianni Sartori

Vi ricordate dell’indomito leopardo persiano (Panthera pardus tulliana, da me arbitrariamente definito “leopardo curdo”, se non altro per il temperamento) catturato in dicembre nel Bashur (Kurdistan iracheno) e trasportato in uno zoo di Duhok per essere curato? Purtroppo a causa delle ferite provocate dalla trappola (ma non si esclude che sia stato ulteriormente ferito – intenzionalmente – dagli abitanti del villaggio) ha perso in parte l’uso delle zampe e non sembra possibile rimetterlo in libertà.
Un destino il suo analogo ad altri esemplari della sua rara specie. Se – raccontano i curdi – ai loro nonni capitava di vederli anche di giorno, attualmente sono quasi scomparsi. Nella migliore delle ipotesi, secondo l’ecologista curda Hana Raza, in tutto il territorio curdo situato entro i confini iracheni ne sarebbero rimasti in circolazione poco più di una ventina. Troppo pochi per garantire la sopravvivenza della specie.
Almeno una decina di esemplari sono stati rinvenuti uccisi da colpi di arma da fuoco negli ultimi anni. E’ presumibile che altrettanti siano stati ammazzati e poi fatti sparire dopo averli scuoiati.
Classificato come “specie in via di estinzione” dall’UICN (Unione internazionale per la conservazione della natura), complessivamente ne sopravviverebbero in libertà non più di un migliaio (oltre a circa 200 in cattività). Attualmente viene segnalato sia in Iran che in Afghanistan, ma in un non lontano passato viveva anche in Turchia e nel Caucaso.
Due studiosi, i fratelli Bahez e Nabaz Farroq, hanno installato alcune macchine per la “caccia” fotografica sulle pendici del monte Bamo per poterne documentare la presenza in Bashur e avviare una campagna di protezione.
Non solo dei leopardi superstiti, ma anche dell’habitat. Coinvolgendo le comunità locali e organizzando direttamente le campagne contro un ulteriore degrado. Per esempio (recentemente, nel 2020) riuscendo a impedire l’apertura di alcune cave di calcare in questi territori da salvaguardare. Per i due protezionisti “luoghi come la montagna Bamo, se efficacemente protetti, potrebbero diventare un luogo di riproduzione”. Per questo aggiungono “dobbiamo salvarli, in quanto fanno parte della nostra cultura e della nostra identità”.
Oltre che dal bracconaggio (in Iraq la caccia alle specie in via di estinzione è comunque proibita), il leopardo è minacciato dalla perdita di ambiente naturale e dagli “effetti collaterali” delle guerre.
Non dimentichiamo che fino al 1991 questi territori curdi subivano una pesante repressione, con bombardamenti ricorrenti e sistematici (anche con armi chimiche) da parte di Saddam Hussein. Quando gli abitanti sono rientrati nei loro villaggi (ritrovandoli quasi completamente distrutti) per sopravvivere hanno ripreso a cacciare in maniera indiscriminata, soprattutto le capre selvatiche abituali prede dei leopardi.
Inoltre alcune zone – e in particolare proprio sul monte Bamo – sono infestate dalle mine anti-persona (molte di fabbricazione italiana tra l’altro) qui deposte da entrambi i belligeranti negli anni ottanta, all’epoca della guerra Iran-Iraq. Oltre a rendere difficile il lavoro di ricercatori e protezionisti, le mine hanno fatto strage sia di umani che di animali, capre selvatiche e leopardi compresi.
Senza poi dimenticare che il Bashur, stando ai dati forniti dal governo regionale del Kurdistan (KRG), avrebbe perso circa la metà delle sue foreste tra il 1999 e il 2018 (durante quello che viene considerato un periodo di fiorente sviluppo economico, aumento del PIL etc).
Va anche detto che il rispetto per la natura, l’ambiente, la flora e la fauna sembrerebbe in aumento tra gli abitanti del Bashur. Sorgono associazioni per la protezione degli animali e cresce l’indignazione per gli atti di crudeltà nei loro confronti. Soprattutto contro il diffuso bracconaggio ai danni dell’avifauna selvatica e dei rari esemplari di grandi predatori (oltre ai leopardi, anche gli orsi cadono sotto i colpi dei fucili).Ma impedire bracconaggio risulta alquanto difficile, sia per la vastità del territorio da controllare, sia per la scarsità di mezzi a disposizione della polizia forestale. Oltretutto, si lamentava un loro responsabile “i bracconieri hanno armi e fuoristrada migliori dei nostri”.
Gianni Sartori
#7NotePerUnaNuovaEuropa #Catalunya
#Corsica #Elezioni – Dopo il 2° round in Corsica: osservazioni e riflessioni – di Petru Poggioli

Per anni, con l’aumentare del consenso raggiunto dai nazionalisti Corsi, i risultati elettorali in Corsica nelle elezioni presidenziali francesi sono stati usati per screditare alcuni voti nazionalisti (in alcuni ambienti etichettati “globalmente” come “nazionalisti corsi”), amalgamando tutto, facendo caricature e semplificando all’estremo.
Prima di tutto, sia chiaro, io condanno questo voto, anche se i nazionalisti e i Corsi (in troppi) che conosco lo hanno effettuato. È un loro diritto, ma hanno torto e si sbagliano. Tuttavia siamo rimasti in troppo pochi perché io chieda di metterli alla gogna. No, per me si sbagliano e spero che prima o poi se ne rendano conto.
Le elezioni presidenziali dopo il 1980 hanno sempre meno mobilitato i Corsi (più inclini a mobilitarsi per le elezioni locali) ieri come oggi e le loro scelte sono state fatte al di fuori dei criteri a favore della Corsica e delle posizioni pro od anti nazionaliste Corse.
E inoltre gli analisti erano già in confusione, perché i Corsi hanno sempre votato al contrario dell’avvicendamento dei risultati dell’Esagono (maggioranza della destra a Parigi, sinistra in Corsica; maggioranza della sinistra a Parigi, destra in Corsica).
Risultati 2022
1a osservazione
La Le Pen ha ottenuto 15.000 voti in più rispetto al 2017. Ma la popolazione dell’isola ha registrato dal 2017 quasi 10500 nuovi votanti registrati (dubitiamo che siano stati i Corsi della Diaspora a tornare nel paese).
2a osservazione
Mettiamola semplicemente: la Corsica rurale è popolata per lo più da elettori Corsi (30% della popolazione), immaginiamo che in totale questa Corsica rurale voti LePen. Si tratta solo del 30% della popolazione votante dell’isola.
La Corsica urbana e periurbana è popolata principalmente da non Corsi (70% della popolazione isolana). E tra questo 70% della popolazione, dove sono i battaglioni lepenisti e quali sono le loro percentuali (Aiacciu, Bastia, Corti, Sartè, Porti Vecchju, Ghisonaccia Solenzara, Ventiseri, Alata, Aleria…), e così via… dove sono i grandi punteggi lepenisti?
3a osservazione
I voti al secondo turno non sono per lo più voti di adesione, per nessuno dei due candidati. La divisione “tutti contro Macron” o “tutti contro LePen” ha prevalso. E i nazionalisti Corsi, alcuni dei quali hanno chiesto l’astensione ed altri la libera scelta del voto (tranne che per la Le Pen), non essendo presenti a questo tipo di elezioni (non locali) non hanno avuto una grande influenza sulle scelte reciproche per l’uno o l’altro dei due concorrenti, soprattutto perché dopo la pandemia, una tensione generale a livello politico ha reso il posizionamento dell’uno rispetto all’altro molto antagonista e piuttosto divisivo, ben oltre le considerazioni più locali specifiche dei Corsi (questo anche se l’assassinio di Yvan ha avuto un’influenza sull’astensione o su alcuni voti in bianco o nulli).
Per concludere, è difficile analizzare troppo sottilmente il comportamento elettorale nelle colonie, vedi i risultati nelle altre isole “francesi”, ultimi coriandoli dell’impero coloniale francese di ieri (a Martinica, Guadalupa, Guyana la maggioranza degli elettori sono lepenisti, ed anche a Tahiti o Kanakie dove i punteggi lepenisti sono in vantaggio come da noi).
Alle elezioni territoriali del giugno 2021, il RN ha partecipato come tale. I suoi risultati sono stati ben al di sotto dei punteggi ottenuti nelle elezioni presidenziali (e questo nonostante i punteggi lepenisti in Corsica alle elezioni del 2017).
Nelle elezioni presidenziali, non c’è mai nessun candidato etichettato come nazionalista Corso. Presto si terranno le elezioni legislative, il RN sarà presente, come i nazionalisti Corsi. Sarà quindi più facile impegnarsi in un’analisi reale.
Ma è sempre stata una costante: i media e gli analisti politici, più o meno credibili, hanno sempre rifiutato di tenere conto della dimensione politica dell’impegno dei nazionalisti Corsi e soprattutto della loro difesa e della loro richiesta di riconoscimento della loro specifica identità (un termine “pesante”, anche se la nozione di Popolo Corso è aperta, inclusiva e positiva) e quindi qualunque cosa i nazionalisti dicano, affermino e facciano, le loro idee e le loro azioni saranno sempre più o meno mescolate e amalgamate con le tesi lepeniste, per screditarle e rifiutarsi di tenerne conto, se non altro nei loro scritti. Quindi prendiamone nota e continuiamo il nostro viaggio per la difesa del Popolo Corso sulla propria terra e dei suoi diritti collettivi in patria.
Petru Poggioli
Aiacciu, 26 aprile , 2022
#DialoghiSulWeb #Podcast – #Sicilia – Un domani per la Sicilia – ne parliamo con Lanfranco Caminiti – registrato il 22.10.2021
Un incontro con Lanfranco Caminiti, scrittore, opinionista, militante culturale, per affrontare il tema del futuro dell’isola, attraverso l’applicazione del Diritto all’Autodeterminazione.
#Corsica #Elezioni – Nessuna alternativa, quale alternativa? – di Petru Poggioli

La candidata del RN ha ottenuto il 69,60% in Guadalupa, il 60,87% in Martinica, il 60,70% in Guyana francese, così come a Saint-Pierre-et-Miquelon (50,69%), (prefetture di questi territori). Tutto questo mentre, con idee come minimo opposte, Jean-Luc Mélenchon aveva raggiunto punteggi importanti nel primo turno. E questo anche se l’astensione è stata molto alta.
In Corsica, come in queste isole, la Le Pen è risultata in vantaggio con il 58,08% dei voti.
Le isole, tra cui la Corsica, gli ultimi coriandoli dell’Impero coloniale francese, favoriscono il candidato che propone più accentramento, il più giacobino, il più “coloniale”.
Quindi o la colonizzazione di ripopolamento, che è forte in questi territori, ha pesato o le popolazioni locali hanno accettato molto male le misure di Macron contro il Covid; oppure siamo tutti masochisti, o si tratta del fatto che semplicemente che non crediamo più a nulla…. la depoliticizzazione generale che prende il sopravvento.
Sicuramente un po’ di tutto questo.
A casa nostra, facciamo finta di rassicurarci come possiamo, nonostante la forte astensione (più le schede bianche e nulle, i ritratti di Yvan o vari slogan), dicendo che il “tutto tranne Macron” ha prevalso senza tutte le altre considerazioni ideologiche sostanziali.
Ma resta ovvio che a noi militanti della Corsica, che ci siamo abbeverati alla linfa dei combattimenti che hanno portato alla Liberazione dell’isola e ad alcune delle idee del maggio 68, sempre opposti alle posizioni dell’estrema destra sul territorio, che abbiamo sempre avuto di fronte a noi, dalla CFR al “lepenismo”, la situazione pone interrogativi e ci lascia piuttosto perplessi, con un certo amaro in bocca, come reduci da una sbornia.
Non esiste quindi un’alternativa tra il “tutto tranne Macron” e il “tutto tranne l’estrema destra”?
Ma la realtà del destino riservato al nostro popolo in patria, minoritizzato e tradito dalla sua borghesia mercantile che vende la nostra terra, attraverso banche, finanza, agenzie immobiliari, il Consortium…. vera e propria cintura di trasmissione di una globalizzazione economica e sociale che modella le società e le menti, organizzando la nostra invasione e la nostra dipendenza su uno sfondo di clientelismo e assistenzialismo, ci richiama all’ordine, ci spinge a non arrendersi ed a rinunciare a difenderci.
Il futuro del nazionalismo corso, al di là delle vittorie elettorali, richiede posizioni ferme e chiare sul tipo di società che vogliamo ed sugli obiettivi assunti e proposti, affinché i corsi abbiano un diritto alla sopravvivenza e possano rivendicare un futuro per sé stessi e per le loro famiglie sulla loro terra, un futuro al di fuori delle dittature finanziarie o fasciste … No, i concetti di “tutto tranne Macron” o “tutto contro Le Pen”, non possono interessarci o soddisfarci.
Tutti i nazionalisti corsi, in linea con le lotte iniziate a partire dagli anni ’70, senza alcuna devianza sostanziale, senza alcun negazionismo, ufficiale o non ufficiale, devono pensarci e far sì che ci siano altre alternative più percorribili e più credibili in Corsica, come speriamo e desideriamo che esistano anche nella Francia nel suo insieme.
Le elezioni legislative devono permetterci di non rinviare tutto questo nel tempo, perché altrimenti la Le Pen avrebbe diritto a 4 deputati in Corsica, cosa che rappresenterebbe poi davvero la fine della nostra storia di nazionalisti corsi.
Petru Poggioli
25.04.2022
