#EuskalHerria – IL GAL: GONZALEZ, COME MINIMO, SAPEVA E APPROVAVA – di Gianni Sartori

Ovviamente è come aver scoperto l’acqua calda. Ma comunque fornisce prove ulteriori per un utile ripasso.
 
Alcuni documenti recentemente de-secretati (bontà sua!) dalla CIA confermano quello che, almeno in Euskal Herria, tutti sapevano da tempo. Ossia l’implicazione diretta di Felipe Gonzalez (esponente del PSOE, al governo dal 1982 al 1996) nella costituzione dello squadrone della morte denominato GAL (Gruppi antiterrorismo di liberazione). O meglio nella ricostituzione sotto altra sigla, dato che nel GAL vennero inquadrati anche ex mercenari di altre bande parastatali come il BVE (Batallon Vasco Espanol), l’ATE (Anti Terrorismo ETA), la Tripla A in versione spagnola (Alianza Apostolica Anticomunista) etc…
 
 
Convinto che “la democrazia si difende anche nelle fogne…” (come ebbe a dichiarare in quello che pareva un lapsus) Gonzalez approvò, dando la sua benedizione, il tentativo di eliminare ETA operando al di fuori della legalità. Assassinando membri, talvolta presunti, dell’organizzazione indipendentista basca. Nella pratica, colpendo indiscriminatamente semplici militanti abertzale, addirittura un obiettore di coscienza che si era rifugiato in Iparralde (Euskadi Nord) per evitare il servizio militare. Operando anche sequestri di militanti che vennero poi torturati e assassinati (vedi Lasa e Zabala). Senza contare i desaparecidos (come nel caso di Pertur, operazione in cui sarebbero implicati anche alcuni neofascisti italici).
 
Una forma di “guerra non ortodossa” (“guerra sporca” comunque, va precisato).
 
Nel documento della CIA (la quale, ricordiamo, sa bene di cosa parla avendo collaborato con vari governi spagnoli, in particolare con Aznar, contro la sinistra basca abertzale) si legge:
 
 
appare determinato (il governo spagnolo nda) ad adottare una strategia poco ortodossa nei confronti dell’ETA – (seguono alcune frasi censurate nda) – Gonzalez ha accettato la formazione di un gruppo di mercenari, controllato dall’esercito, per lottare contro i terroristi al di fuori della legge ”.
 
 
E, dopo un’altra frase censurata, la nota agenzia statunitense prosegue così:
 
 
I mercenari (le cui biografie, per quanto parzialmente già note, vengono comunque censurate nel documento della CIA nda) non saranno necessariamente spagnoli e avranno come missione quella di assassinare i dirigenti di ETA in Spagna e in Francia”.
Come è noto tra il dicembre 1983 e il luglio 1987 (ma le esecuzioni extragiudiziali poi continuarono; vedi il parlamentare di Herri Batasuna Josu Muguruza, vedi Kalparsoro…) furono oltre una trentina i baschi assassinati direttamente dal GAL.
 
 
Le operazioni si conclusero, almeno ufficialmente, con le espulsioni di massa operate da Parigi dei rifugiati baschi e dei loro familiari (in base a precisi accordi, anche con risvolti economici, con Madrid). Consegnati direttamente alla polizia spagnola, molti di loro vennero sottoposti a maltrattamenti e torture.
 
Così come alcuni responsabili colti sul fatto erano stati prontamente rimessi in libertà e riportati alla frontiera dalle autorità francesi, così le inchieste sugli attentati e sui sequestri di persona operati dal GAL in territorio francese vennero per lo più insabbiate in nome della ragion di Stato.
 
 
Gianni Sartori
 
 
 

#GALIZA – Sostegno internazionale a Causa Galiza – NO ALLA ILLEGALIZZAZIONE

Il processo che si svolgerà presto presso l’Audiencia Nacional spagnola contro 12 attivisti  indipendentisti, oltre ad interferire con la situazione giudiziaria, lavorativa e civile delle persone perseguite, deciderà anche sulla possibile illegalizzazione di Causa Galiza. L’Audiencia Nacional descrive l’organizzazione,  insieme a Ceivar,  come una  “banda criminale” (sic),  nella quale gli imputati sarebbero integrati e quindi la loro condanna implicherebbe automaticamente il suo  scioglimento.

 La gravità del passo che il Tribunale d’eccezione potrebbe essere in procinto di eseguire non influisce solo sull’illegalizzazione di fatto: stabilirebbe anche un precedente legale – la eliminazione giudiziaria di un’organizzazione indipendentista della Galiza – che potrebbe essere applicabile ai  gruppi militanti che, in futuro, si  impegnassero in una riorganizzazione politica del movimento a favore dell’ indipendenza

#KURDS – UN ALTRO PRIGIONIERO POLITICO CURDO IMPICCATO DA TEHERAN – di Gianni Sartori

Ci risiamo. Pur sotto il tiro perenne della Casa Bianca, il regime iraniano non trova niente di meglio che intensificare la repressione. Sui curdi del Rojhilat (Kurdistan dell’Est, territori curdi sotto amministrazione-occupazione iraniana) in particolare.

Un altro militante curdo, Hedayat Abdollahpour, è stato impiccato e la famiglia – tenuta all’oscuro e a cui non era stata nemmeno concessa l’ultima visita – lo ha saputo soltanto 20 giorni dopo (il 10 giugno). Inoltre, come avviene regolarmente, il corpo non è stato restituito ai parenti ma sepolto in un luogo segreto.

Quanto alla richiesta di informazioni avanzata dei familiari, per ora le autorità iraniane non l’hanno nemmeno presa in considerazione.

Hedayat Abdollahpour era stato arrestato nel giugno 2016 con altri sei curdi nei pressi di Oshnavieh (Azerbaidjan occidentale). Tutti loro erano accusati di aver fornito cibo e riparo a esponenti del PDKI (Partito democratico del Kurdistan d’Iran). Stando alle accuse mosse in tribunale, si sarebbe trattato di guerriglieri che poco prima si erano scontrati con alcuni Guardiani della rivoluzione, il braccio armato del regime.

Una prima condanna nei confronti di Hedayat (finora, a quanto è dato di sapere, l’unico condannato a morte tra i sette arrestati) era stata annullata dalla Corte suprema e rinviata al Tribunale rivoluzionario islamico di Oroumihe per essere riesaminata. Nuovamente condannato a morte, la sentenza veniva definitivamente confermata anche dalla Corte suprema.

Come in Bakur (territori curdi sotto amministrazione-occupazione turca) anche nel Rojhilat la popolazione curda subisce discriminazioni e repressione. Vive in condizioni di povertà (in buona parte dovute alla politica di Teheran nei confronti di questi territori) e viene penalizzata in ogni modo. Quello di non restituire i cadaveri dei giustiziati e di inumarli in località sconosciute è solo un esempio. Un inasprimento brutale, un ulteriore carico di sofferenza per i familiari.

Negli ultimi mesi nei territori curdi posti entro i confini iraniani si è registrato un incremento delle esecuzioni capitali. Per Hedayat Abdollahpour la cosa è stata ancora più grave in quanto l’impiccagione di un prigioniero il cui caso è ancora sottoposto alla Commissione di amnistia e di grazia risulterebbe illegale (stando alla legislazione iraniana). Non mancano tuttavia i precedenti. Nel settembre 2018 nella prigione di Rajai Chahrun veniva ugualmente impiccato un altro detenuto curdo, Ramin Hossein Panahi. E anche il suo caso avrebbe dovuto venir prima esaminato dalla Commissione di amnistia e di grazia.

 
 
 
 

Gianni Sartori