#SCOTLAND – “Il Parlamento scozzese ha il diritto di recedere dal Act of Union” – di Craig Murray

Craig Murray

Dal suo Blog, Craig Murray, ex ambasciatore, storico e attivista per i Diritti Umani, ha espresso, già nel dicembre dello scorso anno, la sua opinione sul percorso da seguire per raggiungere l’Indipendenza della Scozia, basandosi anche su quanto avvenuto in passato nel caso del Kossovo.

…….”Il percorso preferito per l’Indipendenza, secondo me,  è questo. Il parlamento scozzese dovrebbe immediatamente legiferare per un nuovo referendum sull’indipendenza. Il governo di Londra tenterà di bloccarlo. Il Parlamento scozzese dovrebbe quindi convocare un’Assemblea nazionale di tutti i rappresentanti scozzesi eletti a livello nazionale – deputati in Scozia, parlamentari a Westmonster e deputati europei. Tale assemblea nazionale dovrebbe dichiarare l’indipendenza, fare appello ad altri paesi per il riconoscimento, raggiungere accordi con il vertice del Regno Unito e organizzare un plebiscito di conferma. Ciò è legale, democratico e coerente con la normale pratica internazionale.
Non ci sarà mai un momento migliore di adesso in cui la Scozia possa tornare a essere una nazione indipendente, normale. Non è il momento per i cuori deboli o per chi ha i brividi; dobbiamo cogliere l’attimo.”…….

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#Südtirol – NO ALL’ABOLIZIONE DEL REATO DI TORTURA – comunicato stampa del Südtiroler Heimatbund (SHB)

Il Südtiroler Heimatbund (SHB), rappresentato dal  presidente Roland Lang, mette in guardia dal ritorno di un crimine medievale, come suggerisce Matteo Salvini. La terribile e impunita tortura dei prigionieri politici sudtirolesi negli anni ’60 dovrebbe essere un avvertimento per tutti noi, spiega Roland Lang. Ci sono lettere scioccanti di quel tempo che sono state portate clandestinamente fuori dalla prigione. Vi possiamo leggere sbalorditi ciò che i torturatori in uniforme erano in grado di fare allora. Tali crimini non devono essere ripetuti, quindi Lang chiede che il divieto di tortura e le relative azioni penali debbano rimanere in vigore.

Franz+Höfler+auf+dem+Totenbett

Folter in Italien
Warnung vor dem Weg zurück in ein strafrechtliches Mittelalter

Im Jahr 2001 war es in Genua am Rande des G8-Gipfels zu schweren Auseinandersetzungen zwischen der Polizei und Globalisierungsgegnern gekommen. Hierbei hatte die Polizei 500 Menschen verletzt, einen Demonstranten getötet, ein Schlafquartier der Demonstranten gestürmt, dort Menschen getreten, geschlagen und ihnen Knochen gebrochen. Anfang April 2017 verurteilte der Europäische Gerichtshof für Menschenrechte in Straßburg Italien für dieses Vorgehen und sprach in seinem Urteil von „Folter“. Der Gerichtshof erklärte, dass das italienische Strafrecht ungeeignet sei, solche Fälle von Folter zu verfolgen. Es sei ein „strukturelles Problem“, das behoben werden müsse.

Am 14. Juli 2017 trat nach zweijähriger Beratung in der römischen Abgeordnetenkammer und im Senat mit dem Gesetz Nr. 110 ein Paragraph (Artikel 613 bis) in dem italienischen Strafgesetzbuch in Kraft, welcher für die die Ausübung von Folter – auch durch Polizeibeamte – strenge Strafen bis zu 12 Jahren Haft vorsieht. Dagegen gestimmt hatten die Abgeordneten der Lega Nord und der extrem nationalistischen Partei „Fratelli d’Italia“.

Am 19. November 2019 erklärte der Lega-Generalsekretär Matteo Salvini auf einem Kongress der Polizeigewerkschaft SAP, dass er und seine Partei das Anti-Folter-Gesetz wieder abschaffen wollen. Am 13. Dezember 2019 bekräftigte er in einer öffentlichen Rede nochmals diesen Vorsatz. Das „sogenannte Verbrechen der Folter“ sei zu einer „Waffe in den Händen der Kriminellen“ geworden, welche Anzeigen gegen die Polizei erstatteten und zu „einer Schlinge um den Hals der Polizisten“.  („Il Messaggero“ vom 14. Dezember 2919)

Der Südtiroler Heimatbund (SHB), so Obmann Roland Lang, warnen vor einem derartigen Weg zurück in ein strafrechtliches Mittelalter, den Matteo Salvini hier vorschlägt. Die schrecklichen und nie gesühnten Folterungen Südtiroler politischer Häftlinge in den 1960er Jahren sollten uns alle eine Warnung sein, erklärt Roland Lang. Es liegen aus der damaligen Zeit erschütternde Briefe vor, die aus dem Gefängnis geschmuggelt worden waren. Man liest fassungslos, wozu damals uniformierte Folterknechte fähig waren. Solche Untaten dürfen sich nicht wiederholen und daher ist strikt zu fordern, dass das Verbot der Folter und dessen strafrechtliche Verfolgung aufrecht bleiben muss, schließt Lang.

Roland Lang

Obmann des Südtiroler Heimatbundes

#VENETO – “Roma ne ciucia ‘l sangoe !” – di Ettore Beggiato

Roma ne

Verso la fine degli anni settanta, la protesta dei veneti, libera e spontanea, sfociò in una serie di scritte blu su fondo bianco: “Roma ne ciucia ‘l sangoe!”, “Veneto a i Veneti” e altre; da li a poco sarebbe legalmente nata la Liga Veneta a Padova, nello studio del notaio Todeschini.

Erano scritte e manifesti  ruspanti se vogliamo ma che evidenziavano un profondo malessere della società veneta, un’avversione per uno stato sempre più ostile e estraneo, la richiesta di riappropriazione della propria identità culturale, storica e linguistica, un  fenomeno  che era già presente in tante parti dell’Europa, dai Paesi Baschi all’Irlanda, dalla Catalogna alla Bretagna ecc.

E, soprattutto, dopo il successo elettorale delle politiche del 1983, la reazione del mondo della politica, della cultura, e anche dell’informazione fu una sola: sono razzisti, retrogradi, movimenti pericolosi  che vanno isolati e ghettizzati: una lettura semplicistica e non sempre in buonafede che si rifiutava di andare un po’ più a fondo, di cercare di capire  quella “questione veneta” che è ancora attuale a distanza di mezzo secolo.

“Roma ne ciucia ‘l sangoe!” però è  un’espressione popolare che non nasce negli anni settanta del secolo scorso ma è indubbiamente radicata nel linguaggio della nostra gente dalla fine dell’ottocento, pochi anni dopo l’annessione del Veneto all’Italia attraverso quel plebiscito-truffa che tutti dovrebbero conoscere.

Viene proposta da un personaggio che meriterebbe di essere assai più conosciuto, Illuminato Checchini, nato a Salzano (Ve) il 22 aprile 1840 e morto a Padova nell’aprile del 1906 e “padre” del “Paron Stefano Massarioto” figura che godette verso la fine dell’ottocento di una popolarità straordinaria, soprattutto nella provincia di Treviso.

Attraverso le pagine del settimanale cattolico trevigiano “La voce del popolo”  e in seguito sul lunario che porta il suo nome, il Paron Stefano Massarioto attraverso la voce dei suoi contadini, si lanciò contro il nuovo stato risorgimentale, contro una élite composta in buona parte da foresti, con grande forza facendo anche leva sull’uso della lingua veneta che contribuiva a rafforzare e a rendere particolarmente efficaci i dialoghi dei protagonisti.

Ecco un esempio:

“Femo un brindisi ai ladri d’Italia. I lo merita: i roba, i assassina, i manda a remengo arte, comersio e agricoltura..”

 Fondamentale per rileggere la figura del Massarioto è il volume di Livio Vanzetto “Paron Stefano Massarioto. La crisi della società contadina nel Veneto di fine ottocento” nel quale l’autore lo descrive in questo modo:

“Effettivamente il Massarioto rappresentava quasi un mito per i contadini dell’epoca, una promessa di riscatto morale, di redenzione economica e sociale”; e ancor più interessante è quanto scrive nella prefazione Mario Isnenghi, docente di storia all’Università di Venezia.  

La visita che il Massarioto fa in parlamento viene così  raccontata ai suoi amici-discepoli:

“Ma non son pì andà avanti perchè go sentio la nalgia parlamentare a far sussurro e ‘l campanel del Presidente sonar da novo e sighi e urli de un contro l’altro; e go dito fra mi –Basta, basta! Go un’idea che me basta de cossa che xe sta baraonda e come che semo governai: no ocore altro. E son vegnù fora indispetio, vergognandome de esser talgian”.

Già, “vergognandome de esser talgian”, non credo serva la traduzione …

Ed è sempre Isnenghi  che è costretto a sottolineare come “Ricorrenti sono le manifestazioni di misoneismo contro quelli che appaiono vere e proprie torme di impiegati, doppiamente ostili, in quanto socialmente parassitari e in quanto quasi sempre venuti da fuori” e parla di “incomunicabilità tra i locali e gli impiegati pubblici, -foresti-, prima linea papabile di uno Stato sentito come avverso e nocivo…E più avanti “Scuola e Comune sono i simboli stanziali di quello che, nell’immaginario reazionario del campion dei Massarioti, si configura poco meno che come un regime di occupazione”…

Già, “poco meno che come un regime di occupazione”…ed è importante che questa costatazione venga dal  prof. Mario Isnenghi   che sicuramente non è un pericoloso indipendentista veneto, ma uno storico autorevole e un nazionalista di sinistra.  

Ed è ancora Livio Vanzetto che nella conferenza tenuta a Treviso il 15 dicembre 1998 sul tema “ L’antagonismo popolare. Radici storiche del leghismo nel Trevigiano” ricorda come in un dialogo tra tre dipendenti pubblici e un gruppo di contadini Paron Stefano Massarioto fa esclamare al contadino Tonio:

“Cossa, cossa, che ne magnè el sangue a tradimento”

E dopo oltre un secolo, “Roma ne ciucia ‘l sangoe” continua ad essere una denuncia, un grido di battaglia quanto mai attuale … 

Ettore Beggiato

#Trentino – #MemoriaStorica – Recital “1914 La Tregua di Natale”

Sabato 14 dicembre appuntamento nella Chiesa di Sant’Orsola Terme (TN) con il recital “La Tregua di Natale” scrittto dal giornalista e storico Luigi Sardi.

Il recital tratta delle tregue spontanee che si svolsero nelle trincee in occasione del Natale 1914 e che ebbero protagonisti soldati appartenti ai Popoli d’Europa, coinvolti spesso contro il proprio volere in un “inutile massacro”, causato dallo spirito nazionalista che attraversava il Continente e che tanti danni avrebbe causato anche negli anni a seguire.

Sant Orsola Tregua Natale