#Kurds #News – IL PKK HA FATTO LA SUA PARTE, ORA TOCCA ALLA TURCHIA – di Gianni Sartori

elaborazione su immagine @ ANF

IN ASSENZA DI SIGNIFICATIVE INIZIATIVE DA PARTE DI ANKARA, L’EX PKK NON INTENDE COMPIERE ALTRI PASSI VERSO LA SOLUZIONE POLITICA DEL CONFLITTO

A tutto c’è un limite evidentemente. Dopo aver compiuto nel corso del 2025 una serie di passaggi significativi (cessate il fuoco unilaterale del 1 marzo, auto-dissoluzione in maggio, distruzione delle armi in luglio, ritiro della guerriglia dalla Turchia…) verso la soluzione politica del conflitto, l’ex PKK non intende compierne altri. Perlomeno finché la “controparte” (il governo turco) non darà il suo contributo ai negoziati liberando Abdullah Öcalan, imprigionato dal 1999.

Il messaggio è stato enunciato in occasione della commemorazione del 47° anniversario della fondazione del PKK.

Un evento organizzato dalle HPG (Hêzên Parastina Gel – Forze di Difesa del Popolo) e dalle YJA STAR (Yekîneyên Jinên Azad ên Star – Unità delle Donne Libere) nelle Zone di Difesa di Medya (Bashur, nord dell’Iraq).

Questo almeno è quanto ha dichiarato da Kandil (nel Bashur) il comandante delle HPG Amed Malazgirt.

Aggiungendo di aver apprezzato la creazione di una commissione parlamentare incaricata del processo di pace di cui una delegazione ha visitato il 24 novembre il “Mandela curdo” a Imrali.

“Un gesto positivo – ha detto – ma non sufficiente”.

Due le principali richieste dei curdi: la liberazione appunto di “Apo” e il “riconoscimento ufficiale e costituzionale del popolo curdo in Turchia”. Il comandante guerrigliero ha poi voluto chiarire il significato della simbolica cerimonia di luglio (distruzione con il fuoco di una trentina di AK-47). Non si è trattato, come ha voluto interpretarla il governo turco, della rassegnata risposta del PKK a una richiesta di Ankara. Ma semplicemente della conferma che – così come aveva chiesto Öcalan – “noi ci siamo impegnati a non utilizzarle contro lo Stato turco”. Come infatti è avvenuto fino ad oggi.

Sempre in riferimento a Öcalan (ma il discorso dovrebbe valere anche per tutti gli altri prigionieri politici rinchiusi nelle carceri turche) la comandante Serda Mazlum Gabar ha rivendicato “il concetto di diritto alla speranza e alla liberazione”. Spiegando che “per libertà noi intendiamo che “Apo” sia libero di agire, di dirigere il movimento e di integrarsi nel popolo”.

Gianni Sartori