#Iran #News – CURDI: QUALCHE AGGIORNAMENTO DALL’IRAN – di Gianni Sartori

Uno spiraglio di luce dalle segrete iraniane.

Le condanne a morte emesse in luglio dal Tribunale Rivoluzionario di Urmia nei confronti di cinque detenuti politici curdi di Bokan sono state ora annullate dal Tribunale Supremo.

Ali (Soran) Ghassemi, Pezhman Soltani, Kaveh Salehi, Rizgar Beygzadeh Baba-Miri e Teyfour Salimi Baba-Miri avevano preso parte alle rivolte del movimento  “Jin, Jiyan, Azadî” nel 2023.

In realtà la decisione non sarebbe quella definitiva. Infatti, stando a un comunicato della Rete dei Diritti Umani del Kurdistan (KHRN), il caso sarebbe stato assegnato al Tribunale Rivoluzionario di Mahabad per un riesame e quindi è previsto un nuovo processo.

Nel giudizio ora contestato di Urmia, i cinque venivano accusati di “inimicizia contro Dio (Moharebeh), insurrezione armata (baghi), appartenenza a una organizzazione criminale, collaborazione con il Mossad, propaganda contro lo Stato, spionaggio e contrabbando”. In sintesi, di aver “attentato contro la sicurezza dello Stato”.

Probabilmente alla rimessa in discussione del verdetto hanno contribuito le indignate proteste di familiari e amici dei condannati, oltre alle iniziative delle associazioni per i Diritti Umani. Una campagna di solidarietà estesa con petizioni e manifestazioni che richiedeva l’annullamento della sentenza.

Un caso a parte quello di Pezhman Soltani, accusato anche di aver preso parte a un omicidio, in quanto i familiari della vittima avevano accettato il “prezzo del sangue” (di’e) in denaro e rinunciato all’esecuzione della condanna a morte.

Nel medesimo processo altri militanti curdi di Bokan erano stati condannati a pene meno severe per “partecipazione a gruppi dell’opposizione, propaganda, spionaggio, insulti al governo…” .

Sette sono tornati in libertà sotto cauzione, mentre un altro imputato, Salahuddin Ahmadi, veniva assolto.

Stando alle dichiarazioni di alcune associazioni per i diritti umani molti di loro sarebbero stati sottoposti a torture e pressioni psicologiche per ottenere confessioni. 

Gianni Sartori

#Americhe #Ambiente – ECUADOR: “RIMUOVERE LE TORCE A GAS, ACCENDERE LA VITA” – di Gianni Sartori

Le Guerriere per l’Amazzonia hanno tra i 10 e i 20 anni e lottano per proteggere il loro popolo dai fumi tossici e dal degrado ambientale. Da decenni infatti le comunità dell’Amazzonia settentrionale ecuadoriana sono afflitte da emissioni tossiche, odori insopportabili, rumori incessanti e fiamme accecanti provenienti dalla combustione di gas in torce (tra i principali fattori che contribuiscono alla crisi climatica).

Pur avendo vinto una causa contro lo Stato dell’Ecuador, dopo ormai quattro anni le autorità – locali e nazionali – continuano a ignorarlo e la grave situazione è rimasta sostanzialmente immutata.

Questo il loro appello (ricevuto tramite Amnesty International):

“Siamo le Guerriere per l’Amazzonia, un movimento di giovani ecuadoriane che lottano per l’Amazzonia, la nostra casa, e per il futuro di tutte le persone.

Siamo cresciute accanto alle torce di gas che, da oltre mezzo secolo, portano morte, distruzione e povertà. Le fiamme di questi mostri illuminano le nostre notti, devastando la terra e inquinando l’aria, l’acqua e il futuro. Le torce sono delle bombe a orologeria perché rilasciano metano e altri inquinanti che riscaldano l’atmosfera e contribuiscono ai disastri climatici.

Nel 2020 abbiamo intentato una causa contro lo stato ecuadoriano. E abbiamo vinto. Nel 2021 una sentenza storica ha ordinato al governo di eliminare l’uso delle torce a gas. Eppure, i mostri di fuoco continuano a bruciare”.

Infatti anche quest’anno, il 30 gennaio 2025, la Corte Constitucional de Ecuador aveva respinto una acción extraordinaria de protección inoltrata dalle “Guerreras por la Amazonia”, sostenute dalla Unión de Afectados por Texaco (UDAPT) e dal collettivo “ Eliminen los Mecheros, Enciendan la Vida”.

Ignorando di fatto la sentenza risalente al 2021 che prescriveva l’eliminazione delle torce a gas nell’Amazzonia ecuadoregna (in particolare dalle vicinanze dei centri abitati), la riparazione dei danni ambientali e il ripristino del diritto a un ambiente salubre e alla salute. Da segnalare che da parte di Amnesty International veniva messa in discussione la definizione di “centro abitato” e la misura delle distanze dalle torce.

Un espediente con cui le autorità hanno di fatto soltanto simulato la realizzazione delle prescrizioni della sentenza.

Per l’esponente di UDAPT Pablo Fajardo: “Las accionantes y el equipo jurídico que las acompañamos en el proceso demostramos cómo la sentencia de la Corte de Sucumbíos, tienen grandes vacíos y ambigüedades que son falencias que le han permitido al Estado, incluyendo a los Ministerios de Energía y Minas, de Salud Pública, y del Ambiente, Agua y Transición Ecológica, usar artimañas para evadir el cumplimiento de la sentencia. Los jueces de la Corte Constitucional, con su fallo, solo han prolongado la vulneración de los Derechos Constitucionales de las accionantes y de la población amazónica”.

Già in gennaio anche Ana Piquer, responsabile per le Americhe di A.I. aveva contestato la decisione, definita “lamentable” (deplorevole) della Corte Constitucional de Ecuador. Dato che così si consentiva all’Ecuador di continuare con le torce che bruciando producono gas tossici a scapito delle comunità contribuendo inoltre al cambiamento climatico.

Quanto alle “Guerriere” non per questo demordono. Come si apprende da un loro comunicato:

“NO vamos a desmayar, no nos vamos a rendir, no nos van a vencer, que vamos a seguir luchando por nuestro futuro, por nuestra vida, por nuestra tierra”.

Gianni Sartori