#PaisValencià #EuskalHerria #Kurdistan – GIORNATA INTERNAZIONALISTA A VALENCIA – di Gianni Sartori

L’esempio curdo preso a modello anche dal Pais Valencià e da Euskal Herria

Non è certo per caso che sul manifesto spicca con evidenza il simbolo (rosso) delle Brigate Internazionali, quelle dei volontari antifascisti che da ogni angolo d’Europa ( e non solo) accorsero in difesa della Repubblica contro il franchismo.

Così come non è un caso che pur svolgendosi a Valencia, l’iniziativa sia ospitata da una realtà basca: l’ Euskal Etxea (il Centro Basco di Valencia).

In sostanza, una giornata di solidarietà internazionalista con una particolare attenzione per la lotta di liberazione del popolo curdo.

Tra i promotori, il Comitè valencià de Solidaritat amb el Kurdistan e il collettivo libertario Lêgerîn Azadî che con il loro intervento intendono focalizzare l’attenzione sull’esperienza del Confederalismo democratico in Rojava e Bakur.

E’ poi prevista una tavola rotonda (Tabla Redona amb els col-lectius; Valencia i els pobles en resistencia, internacionalisme d’anada i tornada)con varie associazioni internazionaliste locali (Asamblea de Solidaridad con Mexico Pais Valencià, l’associazione saharawi Zemmur, Perifories, BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni a sostegno dei palestinesi nda) Pais Valencià…) per discutere delle diverse situazioni dei “popoli in resistenza” e creare reti solidali e di mutuo soccorso internazionale.

Oltre a concerti (con Tomas de Los Santos, cantautore valencià originario di Picassent e che si ispira a Victor Jara) e danze tradizionali curde e basche (“balls kurds i bascos”), è in cantiere la realizzazione collettiva di un grande murale ispirato a Gernika e dedicato all’odierno genocidio in atto a Gaza (“De Gernika a Gaza”).

Il Comité Valencià de Solidaritat amb el Kurdistan va segnalato per l’intensa solidarietà con il popolo curdo.

Con il 2025, dopo un periodo di relativa stasi, aveva ripreso le attività per denunciare come “il regime turco andava intensificando l’offensiva contro la Rivoluzione del Rojava e l’Amministrazione Autonoma del Nord e dell’Est della Siria” in quanto “riteniamo che i valori del movimento curdo siano validi e necessari anche per il Pais Valencià”.

Prendendo a modello (e condividendone i principi) l’esperienza curda della “lotta contro la modernità capitalista e per la liberazione della donna”.

Lo scorso 26 gennaio il Comité (sempre con Legerin Azadi) aveva organizzato una conferenza di aggiornamento sul Rojava presso il centro sociale Ca La Caixeta . Proseguendo poi in serata con una manifestazione (con lo slogan: “Seguim Defensant Kobanê”) che tentava di arrivare in Plaça dels Pinazos.

Gianni Sartori

#MemoriaStorica #Africa – 28 MAGGIO: FINALMENTE GIORNATA DI RICORDO NAZIONALE DEL GENOCIDIO DELLE POPOLAZIONI INDIGENE DELLA NAMIBIA – di Gianni Sartori

Su iniziativa della presidente della Namibia il 28 maggio è diventato Giornata del ricordo nazionale del genocidio di Herero e Nama.

Istituendo il 28 maggio come Giorno della memoria, per la prima volta nella sua travagliata storia la Namibia ha voluto commemorare ufficialmente il genocidio dei popoli Herero e Nama.

Due popoli autoctoni annientati circa 120 anni fa dall’esercito coloniale tedesco del Secondo Reich. Tra il 1904 e il 1908 in Namibia furono realizzati vari campi di concentramento (in realtà di sterminio) dove vennero segregati decine di migliaia di indigeni namibiani. Si calcola (ma probabilmente per difetto ) che vi persero la vita almeno 65mila Herero (l’80%) e 10mila Nama (il 50%). Sistematicamente uccisi, torturati e utilizzati per esperimenti pseudoscientifici (con 40 anni di anticipo sulle analoghe pratiche, al tempo dell’Olocausto, nei confronti di ebrei, “zingari”, disabili e prigionieri sovietici, come ricordava The Namibian).

Nel Paese da tempo si tenevano annualmente manifestazioni, marce e altre iniziative indette da varie organizzazioni. Ma quest’anno è intervenuta la presidente stessa Netumbo Nandi-Ndaitwah (eletta in quanto candidata della SWAPO, prima donna a ricoprire tale carica in Namibia) per decretare che il 28 maggio (il giorno in cui la Germania, sotto la pressione internazionale, aveva chiuso i campi) diventava giorno festivo nazionale. Accendendo una lampada nei giardini del Parlamento della capitale Windhoek, non lontano da dove sorgeva l’Alte Feste (Vecchia Fortezza), uno dei famigerati luoghi di detenzione degli indigeni.

Dopo un minuto di silenzio, osservando come ancora oggi la Namibia sia “un vasto paese, ma anche uno dei meno popolati (2,6 milioni nda)”, ha commentato: “Ma cos’altro dovevamo aspettarci visto che all’epoca abbiamo perso un così gran numero di nostri concittadini ?”.

Dietro la celebrazione, anni di complesse ricerche storiche e trattative (ancora in corso) con il paese responsabile dello sterminio, considerato il primo genocidio del XX secolo (e conosciuto come “il genocidio dimenticato della Germania”).

Solo nel 2021 la Germania aveva riconosciuto pubblicamente le proprie responsabilità, attraverso la dichiarazione del Ministro tedesco degli affari esteri Heiko Maas “Noi oggi qualifichiamo ufficialmente questi eventi per quello che sono, un genocidio”.

All’epoca potenza coloniale (dal 1884), fin dagli inizi del XX secolo la Germania aveva represso ferocemente le rivolte tribali delle popolazioni di quella che allora era denominata Africa tedesca del Sud-Ovest. Popolazioni a cui venivano sottratti terre e bestiame. 

Nel 1904, con la rivolta degli Herero in corso da alcuni mesi, il generale Lothar von Trotha (degno antesignano del nostro Roatta, quello della circolare 3C in Jugoslavia) decretava che “ogni Herero con o senza armi, in battaglia o no, deve essere abbattuto”. Tanto che oggi rappresentano solo il 7% della popolazione namibiana, mentre agli inizi del XX secolo costituivano il 40%. Stesso trattamento venne poi inflitto ai Nama quando si ribellarono un anno dopo.

Per ulteriori informazioni vedi: https://centrostudidialogo.com/2018/12/31/popoli-e-genocidi-i-tedeschi-chiedono-scusa-per-il-genocidio-di-herero-e-nama-e-forse-litalia-dovrebbe-prendere-esempio-di-gianni-sartori/

Gianni Sartori