#Africa #Saharawi – SAHARA OCCIDENTALE IN AGITAZIONE – di Gianni Sartori

Mentre si allunga la lista degli Stati che riconoscono l’annessione del Sahara Occidentale da parte di Rabat, il Fronte Polisario riprende le ostilità.

Verso al fine dell’anno scorso veniva rinnovata per un altro anno (scadenza prevista il 31 ottobre 2025) dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite la MINURSO (missione dei caschi blu nel Sahara Occidentale).

Nel frattempo – il 30 settembre con una lettera inviata al re Mohammed VI e poi in ottobre con la visita ufficiale in Marocco – anche Emmanuel Macron aveva aderito al piano di autonomia proposto da Rabat (quello risalente al 2007).

Definitiva pietra tombale, qualora venisse realizzato, per le legittime aspirazioni dei Saharawi all’indipendenza.

Anche perché del tanto strombazzato (all’epoca) referendum per l’autodeterminazione, stabilito dall’ONU ancora nel 1991, ormai si è persa ogni traccia.

Risalivano ugualmente all’ottobre 2024 le proposte dell’inviato del segretario generale dell’Onu (l’italo-svedese Staffan de Mistura) che contemplavano due possibilità. Quella assai improbabile di una spartizione del Sahara Occidentale in base all’accordo del 1975 tra Marocco e Mauritania (all’epoca Nouakchott rivendicava ugualmente la ex colonia spagnola, ma poi si era fatta da parte). Oppure il solito piano di autonomia del 2007 avanzato dal Marocco (a cui de Mistura chiedeva di precisare in dettaglio). Incontrando però il rifiuto sia del Marocco che del Polisario. Successivamente (febbraio 2025) c’era stata la visita, definita “storica”, della ministra francese Rachida Dati (di origine marocchina) a Laayoune e Dakhla per l’inaugurazione di un’antenna dell’Alleanza Francese e di un centro culturale francese di formazione cinematografica.

In un territorio che il Marocco considera come “proprio”, mentre viene classificato come “non autonomo” dall’ONU.

Con dichiarazioni (“la presenza della Francia qui dimostra che il presente e il futuro di questa regione si inscrivono nella sovranità marocchina”) che non lasciavano dubbi sulla reale posizione di Parigi, perfettamente allineata con Rabat. In sostanza una “consolidazione del fatto compiuto marocchino” (come aveva commentato Algeri).

Ma nonostante ormai il Sahara occidentale sia per l’80% sotto il controllo marocchino, il Fronte Polisario, sostenuto dall’Algeria, non pare intenzionato ad arrendersi.

All’inizio del mese in corso le unità dell’esercito di Liberazione popolare saharawi (ALPS) hanno attaccato l’esercito marocchino (definito “di occupazione”) nella regione di Arthrithyat (nel settore di El Guelta) infliggendo – pare – serie perdite sia materiali che umane.

Come in altre circostanza, tale bombardamento avrebbe alimentato la demoralizzazione già diffusa tra le truppe di Rabat. Innescando inoltre una virulenta campagna di stampa per inserire il Polisario nella “lista nera” degli Stati Uniti come organizzazione terrorista.

Stati Uniti che – sotto la presidenza di Donald Trump – avevano già riconosciuto l’annessione del Sahara Occidentale da parte di Rabat.

Gianni Sartori

#Kurds #Repressione – TURCHIA: REPRESSIONE CONTRO L’OPPOSIZIONE E GLI ECOLOGISTI (MENTRE MOSCA ESTRADA UN MILITANTE CURDO) – di Gianni Sartori

Meglio tardi che mai. Stavolta anche la stampa abitualmente “comprensiva” – se non addirittura allineata – con le politiche di Erdogan (affari, armamenti, politica estera…) sembra essersi accorta che in Turchia non tutto funziona democraticamente. L’estromissione e l’arresto del sindaco di Istanbul (insieme a una cinquantina di coimputati) ha strappato il velo pietoso. Ma dopo che decine di sindaci, esponenti politici, giornalisti, avvocati – in genere curdi – erano già stata colpiti dalla repressione nell’indifferenza dell’opinione pubblica internazionale.

Nonostante i divieti anche il 24 marzo, per il sesto giorno consecutivo, le manifestazioni di protesta hanno invaso le strade di Istanbul, Izmir e Ankara. A Istanbul un folto corteo, costituito da migliaia di studenti, si è diretto verso il quartiere di Besiktas (sul Bosforo, considerato una “roccaforte” dell’opposizione) accolto dagli applausi e dal sostegno degli abitanti bloccando poi il ponte di Galata. Dall’inizio delle manifestazioni sono state arrestate – ufficialmente – oltre mille persone. 43 nella giornata di lunedì 24 marzo. All’alba erano stati arrestati in casa loro una decina di giornalisti. Circa centoventi i poliziotti rimasti feriti negli scontri, mentre il numero dei manifestanti (dato che ovviamente evitano se possibile di ricorrere alle cure ospedaliere) rimane incerto.

Tra gli episodi minori, passati sotto silenzio-stampa (ma sempre in tema di repressione turca) va riportato che contemporaneamente, il 24 marzo, un militante curdo, Nasır Yağız, veniva estradato dalla Russia verso la Turchia. Dove veniva prontamente arrestato – ancora all’aeroporto – e portato al palazzo di giustizia di Gaziosmanpaşa. Per l’udienza del 25 marzo (in videoconferenza) nel tribunale di Batman, sua città natale.

Nel 2018, per sfuggire all’ennesimo arresto, il trentaduenne curdo si era rifugiato in Bashur (Kurdistan del Sud, Iraq) con il ruolo di rappresentante di HDP (Partito Democratico dei Popoli, predecessore del Partito DEM) a Erbil (Hewlêr).

Nel 2016 Nasır Yağız era stato arrestato una prima volta per il suo impegno politico. Successivamente almeno altre cinque volte, un’autentica persecuzione. In qualche occasione sottoposto a maltrattamenti e torture. Rappresentante di HDP a Hewlêr, era stato molto attivo anche nell’Associazione dei lavoratori di Mesopotamia (KKM).

Nel 2018 partecipava allo sciopero della fame di circa 170 giorni contro l’isolamento imposto al leader curdo Abdullah Öcalan.

Nel settembre 2021 aveva respinto i tentativi dei servizi segreti turchi (MIT) di reclutarlo e denunciato pubblicamente tale tentativo. Va ricordato che in quello stesso periodo almeno una decina di militanti e di esponenti politici curdi erano stati assassinati nel Kurdistan del Nord. In una serie di operazioni di “guerra sporca” a cui presumibilmente non erano estranei i servizi segreti turchi. Infine, nel 2024 (insieme ad altri esponenti di HDP) veniva allontanato da Hewlêr (con la forza e senza dare spiegazioni) per mano delle forze di sicurezza del PDK. E quindi trasferito insieme ad altri militanti (Hikmet Hatip, Aydın Yalvaç e Sıtkı Vakar) a Souleimaniye, area sotto il controllo dell’Unione Patriottica del Kurdistán (meno ostile ai fratelli curdi rifugiati in Iraq).

Nasır Yağız era giunto a Mosca per chiedere asilo politico. Ma la sua richiesta non veniva nemmeno esaminata. Dopo quattro giorni trascorsi in una cella russa (dove sarebbe stato maltrattato, privato di acqua cibo) i russi lo hanno estradato in aperta violazione del diritto internazionale.

Intanto, il 25 marzo, i soldati turchi (come mostrano chiaramente le immagini riprese con i telefoni) hanno aperto il fuoco contro una manifestazione in difesa dell’ambiente naturale nella provincia curda di Diyarbakır (Amed).

Gli abitanti del villaggio di Husikan (nel distretto di Çınar – Xana Axpar – della regione di Girgever) protestavano per l’apertura di una cava di sabbia nel letto di un torrente.

Operazione che implicava anche l’abbattimento di molti alberi. Stando all’agenzia Mezopotamya Ajansı, un gran numero di ambientalisti starebbero convergendo sul luogo per altre iniziative di protesta.

Gianni Sartori