#Popoli #Ambiente – SARAWAK, ANCHE IL TURISMO SOTTERRANEO CONTRIBUISCE ALLA COLONIZZAZIONE DELL’ESISTENTE – di Gianni Sartori

Non vorrei tornare su questioni già dibattute (v.https://rivistaetnie.com/speleologia-incidenti-la-pisatela-138222/ -v. https://rivistaetnie.com/alpinismo-troppi-incivili-116678/ ) scatenando le ire delle comunità (anzi: lobby) di alpinisti e speleisti.

Ma le due notizie arrivano sincroniche e diventa inevitabile collegarle. Quella della speleologa rimasta bloccata per un incidente nella stessa grotta da dove qualche tempo fa venne estratta con ampio spiegamento di mezzi (magari allargando qualche cunicolo con l’esplosivo con tutte le conseguenze immaginabili per l’ecosistema) e la prossima costruzione di una autostrada lunga 200 chilometri per raggiungere il parco nazionale di Gunung Mulu (patrimonio dell’Umanità Unesco) nella regione interna del Sarawak (Borneo malese).

A resistere, opporsi (come capita sovente) le popolazioni indigene. In questo caso le tribù Kaum Tering e Kaum Penan decise a impedirlo “protestando con le unghie e con i denti” (come dichiarato da un attivista, Willie Kajan, peraltro un “dialogante”). Del resto ne hanno già avuto esperienza, subendo in passato la realizzazione di altre strade (e di alcune dighe) con effetti deleteri per l’ambiente e le comunità autoctone.

Così come risulteranno devastanti gli ampi disboscamenti previsti per la realizzazione della nuova infrastruttura. Ferendo irreparabilmente il delicato ecosistema della foresta (particolarmente ricca di biodiversità e- almeno in teoria – area protetta). Sia direttamente, sia alimentando il bracconaggio e il commercio illegale della fauna.

Ma la speleologia… ”che c’azzecca”?

E cosa c’entrano le grotte?
Oltre che per la già citata biodiversità (tipica di una foresta tropicale montagnosa) e per un pinnacolo di arenaria alto 2376 metri, il parco è noto per le numerose, immense cavità sotterranee.

Oggetto, loro malgrado, dell’interesse famelico di turisti smaniosi di autenticità, wilderness e adrenalina. Dotato anche di strutture alberghiere a cinque stelle (ormai la Natura è privilegio dei benestanti, magari proprio di quelli che la sfruttano e distruggono), perlomeno finora restava non di facile accesso.

Raggiungibile da Miri solo con piccoli aerei o con circa dodici ore di trasporto fluviale (e a mio avviso andava già fin troppo bene così). L’inopportuna autostrada dovrebbe appunto facilitare gli spostamenti dei turisti-speleisti che intendono visitare questo immenso universo carsico. Approvato dall’Assemblea legislativa dello Stato, il progetto (ideato per incrementare il turismo in generale e quello sotterraneo in particolare) prevede un costo di 3,6 miliardi di ringgit (770 milioni di euro).

Concludo. Proprio recentemente, oltre che per la mia garbata polemica sui fatti incresciosi della “Pisatela” di Monte di Malo, mi ero ritrovato a discutere animatamente con qualche speleologo vicentino in merito alle sue spedizioni (ufficialmente di “ricerca”) nelle grotte dell’Albania. Rimaste finora inesplorate e quindi integre, ma fatalmente destinate a subire il futuro impatto di turisti sia di superficie che di profondità.

Roba da far rimpiangere il socialismo reale, anzi quello duro e puro del compagno Enver.

Mi veniva rinfacciato che solo dallo studio (approfondito ovviamente, dato l’argomento), dalla raccolta dati etc si poteva “valorizzare” (e te pareva…) quel territorio. Stessa logica per cui da qualche anno l’Albania è preda di orde di turisti in cerca di “natura incontaminata” a buon mercato. Rendendola un prodotto di consumo e – fatalmente – degradandola.

Ulteriore conferma di quello che inizialmente era solo un timore. Turisti, alpinisti e ora anche praticanti della speleologia, dietro lo sbandierato “amore” per la Natura, agiscono in realtà (consapevolmente o meno) come tanti “pionieri” (o missionari, coloni, apripista…fate voi) che completano con altri mezzi l’opera di colonizzazione-mercificazione-spettacolarizzazione dell’esistente. Rivendicando magari di operare “per la scienza, studiare le acque, l’inquinamento…” senza rendersi conto che in fondo la prima fonte di inquinamento è la loro stessa presenza.

Gianni Sartori

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