#Kurds #Syria – QUALCHE AGGIORNAMENTO SULLA SITUAZIONE – di Gianni Sartori

Se pur difficoltosamente, comincia a filtrare qualche segnalazione (prevedibile) di violazioni dei diritti umani e di crimini di guerra per opera della bande jihadiste filo-turche. Segnalata la presenza del boia Abu Hatem Shaqra.

A Seherawa i mercenari di Ankara hanno torturato e sequestrato alcuni giovani curdi originari di Afrin mentre aspettavano dei mezzi con cui raggiungere i villaggi di Basilê e Deir Cimêl. Sul posto rimangono bloccati numerosi bambini e donne, esposti a maltrattamenti e rapimenti.

Erano ugualmente originari di Afrin i due curdi ezidi (di uno soltanto si conosce il nome, Ahmed Jemo) assassinati il 2 dicembre da miliziani jihadisti, presumibilmente integrati in Hayat Tahrir al-Sham (HTS, Organizzazione di liberazione del Levante, dove il termine “liberazione” quanto meno stride) o nell’SNA.

I due stavano tentando di allontanarsi da Aleppo (da qualche giorno sotto il controllo delle bande filo-turche con l’eccezione, per ora, dei quartieri curdi di Seikh e Maqsud, protetti da YPG e YPJ).

Così come due giorni fa una ventina di persone, tra cui numerose donne, venivano sequestrate a un posto di controllo nel villaggio di Cenê mentre da Shehba (tornata sotto la minaccia jihadista) tornavano a Afrin (occupata dalla Turchia ormai da sei anni). Sulla loro sorte non si hanno più notizie, mentre sappiamo che Ehmed Hiso è stato assassinato quando da Tall Rifaat tentava di rientrare in Afrin con sua moglie (rimasta ferita nell’attacco e poi rapita).

Sono oltre 200mila i curdi  scappati da Afrin a seguito dell’invasione turca di qualche anno fa (2018) per sfuggire alla pulizia etnica. Gran parte da allora sopravviveva nel cantone di Shehba.

Con la caduta di Aleppo nelle mani jihadiste sono nuovamente costretti a scappare, ma nel contempo subiscono gli attacchi, le persecuzioni degli invasori al servizio di Ankara.

Da segnalare la presenza in HTS e nel SNA di molti ex (ex?) esponenti di al-Qaeda e dell’Isis. Tra cui quella – confermata in Aleppo – di Abu Hatem Shaqra comandante del “Battaglione 123”della fazione Ahrar al-Sharqiya (attualmente organica al filo-turco Esercito Nazionale Siriano – SNA).

Si tratta di uno degli esecutori materiali del brutale assassinio nel 2019 di Hevrin Khalef, la giovane curda segretaria del Syrian Future Party (v. http://uikionlus.org/a-due-anni-dal-barbaro-assassino-un-ricordo-di-hevrim-xelef/).

Qualche precisazione poi su quanto è avvenuto a Deir ez-Zor.

I combattimenti tra gli arabo-curdi delle Forze Democratiche Siriane (una coalizione di forze curde, arabe e assiro-siriache) e l’esercito governativo per il controllo di Khasham non andrebbero interpretati come l’ulteriore apertura di un fronte anti-Damasco (con cui, se fosse stato possibile, i curdi probabilmente cercavano un accordo anti-jihadista). Ma solo come l’estremo tentativo per  non dover subire altri attacchi. Sia da parte delle milizie del clan Hafl (classificate come “filo-iraniane” e che qui trovavano rifugio dopo le incursioni), sia da parte delle mai estirpate cellule “dormienti” dello Stato islamico.

Al momento, stando alle dichiarazioni del Consiglio militare di Deir ez-Zor (MCD), le FDS avrebbero il controllo di sette villaggi della regione di Khasham (Salihiyya, Hatla, Marrat, Tabiyya, Hasham, Mazlum e Husayniyya).

Nel comunicato del 3 dicembre si dichiara di essere intervenuti soprattutto per prevenire possibili operazioni delle cellule dello Stato islamico insediate nelle aree desertiche circostanti (e mai completamente sradicate dal regime siriano).

Per ristabilire “un controllo geografico nelle zone che presentano evidenti carenze nella sicurezza a nord e a est di Deir ez-Zor”.

Spiegando che il dispiegamento dei combattenti delle FDS è avvenuto “in risposta agli appelli della popolazione locale contro le crescenti minacce dello Stato Islamico”.

Quanto agli altri soggetti implicati nel conflitto, mentre l’Iran punta il dito contro Israele (forse non senza ragione) in quanto corresponsabile dell’attacco turco-jihadista alla Siria, l’ambasciatore russo all’ONU ha accusato apertamente l’Ucraina di aver fornito sostegno tecnologico-militare (soprattutto i droni) e di intelligence (compreso l’addestramento) agli estremisti islamici di Hayat Tahrir al- Sham, ormai alle porte di Hama.

Denunciando l’avvenuta “identificazione nella provincia di istruttori militari ucraini che addestravano i combattenti dell’HTS” e sottolineando come i miliziani islamisti “non solo non nascondono il fatto che sono sostenuti dall’Ucraina, ma ne fanno mostra”.

Sarebbe poi in corso “il reclutamento di combattenti nelle forze armate ucraine per organizzare attacchi contro le truppe russe e siriane in Siria”.

Gianni Sartori

#Kurdistan #News – “BIJÎ BERXWEDANA ROJAVA” – di Gianni Sartori

elaborazione su immagine @ ANF

In Siria, mentre i russi bombardano le milizie jihadiste di al-Nuṣra, gli USA quelle sciite a Deir ez-Zor e altre in arrivo dall’Iraq, Israele colpisce Hezbollah… la Turchia, ovviamente, non smette di bombardare le SDF e le YPG. Senza trascurare nel frattempo di reprimere a Istanbul le manifestazioni in sostegno del Rojava.

Il blocco di tagliagole (altro che “ribelli” come si ostinano a definirli i media) denominato Hayat Tahrir al-Sham (HTS) è sorto nel 2017 dal riciclo di Jabhat Fattah al-Sham, a sua volta derivato direttamente dal Fronte al-Nusra (ossia da al-Qaeda) e costituisce un’eterogenea coalizione composta da jihadisti, Fratelli musulmani e altre formazioni minori (tra cui il Fronte Ansar al-Din, Liwa al-Haqq, Jaysh al-Sunna e il Movimento Nour ad-Din al-Zenky).

Di sicuro non ha tutti i torti Basar al-Assad quando denuncia l’intervento di potenze straniere nell’evidente “tentativo di ridisegnare la mappa della regione”. Forze che avrebbero (hanno) fornito addestramento e supporto tecnologico alle milizie jihadiste così da garantirne l’efficienza e la rapidità nell’offensiva in atto.

Apprendisti stregoni che forse non sanno (o magari lo sanno benissimo e se ne fregano) a cosa potrebbe andare incontro la Siria in caso di vittoria delle milizie jihadiste fautrici del Califfato.

Frattanto che HTS prosegue l’avanzata verso Hama, l’altro blocco costituito dall’Esercito Nazionale Siriano (ANS, da non confondere con il governativo Esercito Arabo Siriano – SAA), con il sostegno dell’artiglieria turca, bersaglia le SDF e le YPG (Yekîneyên Parastina Gel).

Al momento sarebbe sorto anche qualche contenzioso tra i due gruppi proxy di Ankara.

Mentre HTS intendeva rimettere in funzione la centrale elettrica di Aleppo (con un atteggiamento, diciamo così, più “sociale”), l’ANS prosegue nella sua attività preferita: saccheggiare e portar via tutto il possibile.

Al momento l’ANS si starebbe concentrando nella regione di Manbij scontrandosi appunto con gruppi dell’SDF (sigla che oltre ai curdi raccoglie diversi gruppi di combattenti, tra cui i siriaco-cristiani). Oltre ad assediare i quartieri curdi di Aleppo.

A migliaia gli sfollati dalle zone di Sheba/Tall Rifaat tentano di raggiungere le regioni del Rojava attraverso un precario corridoio umanitario e nel freddo intenso.

Quanto alle SDF, avrebbero anche preso il controllo dell’ultima postazione tenuta in precedenza dall’esercito governativo a est dell’Eufrate, una fascia intorno a Deir ez-Zor in cui sorgono una mezza dozzina di insediamenti.

Ormai si contano a decine sia le vittime “morte ammazzate” che i feriti (la maggior parte gravemente). Ma aumentano anche i problemi sanitari, soprattutto tra le migliaia di sfollati, dovuti al freddo intenso, alla fame e mancanza di acqua potabile.

Come spiegava in un comunicato il Consiglio di Salute del Nord e dell’est della Siria. Chiedendo “solidarietà di fronte all’aumento della crisi umanitaria nelle regioni dell’Amministrazione Autonoma” e invitando tutte le istituzioni sanitarie e contribuire “in coerenza con i nostri valori morali e il senso di responsabilità umanitaria”.

Questo per quanto riguarda il quadro provvisorio curdo-siriano in data 3 dicembre.

Nel frattempo in Turchia, a Istanbul, veniva repressa una protesta per l’attacco portato dalle milizie jihadiste contro i curdi del Rojava.

La manifestazione era indetta da organizzazioni della società civile (sindacati, pacifisti, democratici, esponenti del Partito dell’Uguaglianza e la Democrazia dei Popoli…) che si erano riunite a Şişhane (un quartiere del distretto di Beyoğlu).

La dura reazione delle forze dell’ordine era scattata quando i presenti avevano scandito lo slogan ”Bijî berxwedana Rojava” (Viva la resistenza del Rojava). Le persone arrestate sarebbero più di una cinquantina.

Gianni Sartori