#Kurds #Repressione – PICCOLE INFAMIE NELLE CARCERI TURCHE – di Gianni Sartori

A volte alcuni dettagli rivelatori sono in grado – forse – di suscitare una qualche forma di indignazione.

Sappiamo bene che la situazione generale in cui versa da decenni il popolo curdo sembra lasciare indifferente l’opinione pubblica (assuefatta, manipolata, meschina di suo…?) e viene per lo più ignorata dai media (dai bombardamenti turchi in Rojava e Bashur alla tragica, infernale condizione di prigionieri e alla – non certo ultima – questione delle donne curde, sottoposte a molteplici oppressioni…). Tuttavia un fatto apparentemente – solo apparentemente – secondario, minimale può trasmettere il senso dell’intrinseca brutalità di un sistema carcerario come quello turco. Funzionale sia come deterrente che come anticamera dello sterminio nei confronti di questo popolo non addomesticabile.

E’ questo, a mio avviso, il caso di Şaban Kaygusuz, prigioniero politico curdo con disabilità riconosciuta al 90%. In questi giorni è stato trasferito in una cella di isolamento (privandolo della socialità con gli altri detenuti) nel carcere di tipo T nº 2 di Kayseri-Bünyan.

L’ex guerrigliero aveva perso una mano e una gamba in combattimento.

Ma comunque nell’altra sezione della prigione dove si trovava in precedenza, era in grado di uscire dalla cella e anche di muoversi.

In quanto, stando a quanto riferiscono i suoi familiari, lì “le scale non erano troppo ripide”.

Nella nuova sezione invece per Şaban Kaygusuz è praticamente impossibile salirle o scendere da solo. Infatti sarebbe già caduto varie volte.

Recentemente il prigioniero aveva chiesto di essere trasferito in un carcere di Dîlok (Antep) vicino a dove vive la sua famiglia. Unica risposta, il recente trasferimento, quasi una ritorsione.

Şaban Kaygusuz era stato ferito gravemente e catturato dall’esercito turco nell’agosto del 2018 a Siirt (Sêrt). In quella circostanza due suoi compagni erano stati uccisi.

Tutto questo avviene in un contesto torbido e convulso.

Mentre prosegue la resistenza popolare a Mardin e nelle altre località in cui sono stati arbitrariamente estromessi i rappresentanti eletti democraticamente, nel nord-est della Siria i mercenari filoturchi – oltre a opprimere la popolazione – abbattono centinaia di ulivi (il 9 novembre a Korzila, comune di Sherawa).

Nel contempo l’Isis compie attacchi terroristici contro i curdi (il 14 novembre sulla strada tra Shaddadi e Dashisha) e i collaborazionisti del PDK espellono da Hewlêr (Erbil, nel Bashur, il Kurdistan entro i confini iracheni) i rappresentanti del partito democratico dei Popoli (HDP).

Ordinaria amministrazione, direi.

Gianni Sartori