#Asia #Bangladesh – MENTRE LA LIBERAZIONE DI ALCUNI ARRESTATI NON SEMBRA PLACARE IL CONFLITTO SOCIALE, IL GOVERNO METTE FUORI LEGGE L’ORGANIZZAZIONE “JAMAAT-E-ISLAMI” – di Gianni Sartori

Le manifestazioni che avevano incendiato il Bangladesh nel luglio 2024 non si sono ancora completamente esaurite. Nonostante alcune modifiche apportate dal governo al sistema delle assunzioni nell’amministrazione pubblica (giudicato discriminatorio) e la liberazione di sei minorenni arrestatati durante gli scontri.

Le centinaia di migliaia di manifestanti scesi in strada, in gran parte studenti e diplomati disoccupati, richiedevano l’abrogazione di una legge di “discriminazione positiva” che favorirebbe l’accesso alla funzione pubblica dei parenti degli ex combattenti della guerra d’indipendenza (1971).

Quasi un provocazione in un paese di 170 milioni di abitanti, in cui l’età media è di circa 27 anni e quasi il 40% dei giovani tra i 15 e i 27 anni non lavorano, non studiano e non seguono corsi di formazione (stando ai dati ufficiali dell’Ufficio di statistica del Bangladesh)

Durissima la risposta delle forze dell’ordine (schierati anche i soldati, guardie di frontiera e milizie paramilitari) che hanno utilizzato fuego real uccidendo oltre 210 persone (tra cui numerosi minorenni, si calcola il 70% delle vittime). Anche se non si può escludere che alcuni siano stati uccisi da “franchi tiratori” che agiscono per alimentare ulteriormente la tensione (strategia della tensione a “bassa intensità”?).

E alcune fonti ipotizzano che il conto finale dei morti ammazzati potrebbe superare la cifra di 500.

Almeno due i caduti accertati tra i membri della polizia (uno dei quali sarebbe stato letteralmente linciato).

Ma evidentemente le pur severe misure repressive decretate in luglio (chiusura di scuole e università, restrizioni su Facebook, Whatsapp e Telegram, arresto di migliaia di esponenti dell’opposizione, ordine di “sparare a vista”…) non erano sufficienti per fermare le contestazioni. Come a Rampura e a Savar (nella periferia della capitale Dhaka) il 20 luglio dove in migliaia hanno sfidato il copri-fuoco. Arrivando all’assalto dei posti di polizia e del carcere di Narsingdi (almeno 800 detenuti evasi), all’incendio di edifici governativi e di una sede della televisione.

Con la preghiera del venerdì del 2 agosto (nonostante l’avvenuta liberazione di sei minori precedentemente arrestati, tra cui il leader studentesco Nahid Islam) si sono registrati nuovi scontri tra studenti e polizia.

Anche perché ancora non si conosce la sorte di altri studenti prelevati direttamente dall’ospedale di Dacca dove erano ricoverati.

Nel frattempo il 1 agosto, per decisione della premier Sheikh Hasina con un’ordinanza del Ministero degli Interni, il partito islamista Jamaat-e-islami (alleato del maggior partito di opposizione, il Bangladesh Nationalist Party) e la sua organizzazione studentesca (Islami Chhatrashibir) sono stati classificati come “formazioni terroriste”. In quanto ritenuti tra i maggiori responsabili dei recenti violenti disordini (con saccheggi e vandalismi). Tale organizzazione viene considerata come l’emanazione, l’erede delle forze che nella guerra di indipendenza del 1971 si erano schierati con il Pakistan.

La decisione è stata commentata favorevolmente sia da settori della comunità cristiana che dalle Forze armate.

Sheikh Hasina ha anche chiesto alle organizzazioni internazionali (alle Nazioni Unite in particolare) di “inviare i loro esperti per indagare in maniera adeguata su quanto è accaduto”.

Gianni Sartori

#Kurds #LinguaLocale – A BATMAN I CITTADINI RIPRISTINANO LA SEGNALETICA IN LINGUA CURDA – di Gianni Sartori

Mentre cade il decimo anniversario del massacro di Shengal, a Batman si registra un piccolo gesto di resistenza civile contro l’ennesimo attacco all’identità curda.

Non lo si consideri irrilevante. Certo, paragonato a quanto avviene in Rojava e in Bashur (Kurdistan del Sud, in territorio iracheno) con le operazioni militari di Ankara (coadiuvata dagli ascari jihadisti) e a dieci anni dalle stragi di Shengal contro i curdi ezidi potrebbe sembrare una piccola cosa. Riguardo a tale anniversario, è di questi giorni una dichiarazione del Fronte delle Donne del Kurdistan del Sud sull’aggressione, correttamente definita “genocida”, operata dall’Isis a Shengal (Sinjar) il 3 agosto 2014. Un massacro che – sottolinea il comunicato – costituiva il 74° sofferto dalla comunità ezida nella sua storia.

Nel denunciare che migliaia di donne sono state assassinate o catturate (e non sempre è stato poi possibile trovare una soluzione per riportarle a casa), il Fronte delle donne ricorda tuttavia come le YPG (Yekîneyên Parastina Gel – Unità di Protezione popolare) e le YPJ (Yekîneyên Parastina Jin – Unità di Difesa delle Donne) siano riuscite a liberarne o riscattarne centinaia. Così come è avvenuto per tanti minori rapiti dalle milizie jihadiste (anche se di circa 1300 si son perse le tracce; molti di loro – secondo l’intelligence curda – attualmente si troverebbero in Turchia).

Inoltre l’Isis (in sintonia con lo Stato turco) aveva cercato di cancellare, fare tabula rasa, della lingua, della cultura, dell’autogoverno e della stessa vita degli ezidi. Senza però riuscirci.

Con la stessa logica di attacco alla cultura curda le autorità turche (con precise direttive del Ministero dell’Interno ai prefetti delle province curde) avevano provveduto a far cancellare manu militari la segnaletica in lingua curda posta a tutela dei pedoni nella città di Batman. Con particolare accanimento erano state eliminate le scritte “Pêşî Peya” (Precedenza ai pedoni) e “Hêdî” (Rallentate).

Espressione, a mio avviso, di un atteggiamento comunque prevaricatore, intollerante nei confronti dei soggetti più deboli (almeno sulle strade).

Successivamente, il 31 luglio, la municipalità ( il co-sindaco Gülistan Sönük con numerosi esponenti del consiglio comunale) e la cittadinanza avevano provveduto a ripristinarle. All’iniziativa prendeva parte anche il deputato del Partito della Democrazia e dell’Uguaglianza dei Popoli Zeynep Oduncu.

I partecipanti avevano cantato una canzone curda (“Zimanê Kurdî”) e scandito slogan in curdo (“Zimanê me rûmeta me ye” ossia: la nostra lingua è il nostro orgoglio”).

Negli ultimi tempi gli attacchi alla cultura e all’identità del popolo curdo si sono andati intensificando, sia con gli arresti di persone che eseguivano danze e canzoni tradizionali, sia appunto cancellando le scritte in lingua curda. Non solo la segnaletica stradale ovviamente. Ma questa aveva assunto un significato particolare in quanto – come ha ricordato Gülistan Sönük “la perdita di vite umane lungo le strade dovute all’assenza di prevenzione sembra non aver turbato il sonno delle autorità turche, ma le scritte in curdo sì”.

Come dicevo non sembri una piccola cosa. Ricordo solo che il Black Panther Party for Self-Defence di Huey Newton e Bobby Seale nacque da una iniziativa similare (come si può apprendere dal film “Panther” di Van Peebles). Quando nel 1966 i cittadini afro-americani di un quartiere di Oakland si organizzarono per regolare il traffico su una strada pericolosa e priva di semafori dove molti bambini avevano perso la vita.

Gianni Sartori