#Kurds #Repressione – MILITANTE CURDO ESPULSO DALLA FRANCIA E SPEDITO IN TURCHIA – di Gianni Sartori

Firaz Korkmaz, 24 anni, si trovava in Francia, per quanto in una situazione definita “irregolare”, ormai da quattro anni. In quanto soggetto a OQTF (obbligo di lasciare il suolo francese) doveva venire scortato dall’Unesi (Unitè nationale d’éloignement) all’aeroporto di Roissy per inviarlo in Turchia.

Al momento di essere imbarcato per Istanbul si è svolta una manifestazione di parenti e solidali, tra cui esponenti del Consiglio democratico curdo in Francia e alcuni deputati comunisti (Raphaëlle Primet, Pierre Barros e Marianne Margaté) per impedirne l’estradizione. Ci sono stati scontri con la polizia locale (che conta tre feriti), ma alla fine il giovane è stato trasferito manu militari (legato, ammanettato e imbavagliato) sull’aereo della Turkish Airlines.

Il timore dei manifestanti era che una volta in Turchia venisse arrestato (come in effetti è poi accaduto appena sbarcato) e sottoposto a maltrattamenti e tortura.

Korkmaz era stato arrestato il 26 febbraio a Strasburgo con Mehmet Kopal (ugualmente a rischio espulsione) durante una manifestazione di protesta per l’isolamento totale imposto a Ocalan.

A soli tredici anni veniva arrestato una prima volta per alcune scritte filo-curde. Nuovamente a 18 anni per aver cantato e danzato in curdo sulla pubblica via con altri giovani. In seguito si era integrato nel Partito democratico dei popoli (HDP).

Il 20 marzo, mentre Firaz Korkmaz era ancora rinchiuso (con Mehmet Kopal) nel CRA (Centre de rétention administratif) di Metz-Queuleu, il movimento curdo e alcune associazioni antifasciste avevano organizzato una manifestazione davanti alla prefettura di di Metz.

In un comunicato pubblicato nel sito Serhildan si sosteneva che i due giovani demandeurs d’asile curdi avevano dovuto lasciare il loro Paese “a causa della repressione delle autorità turche contro l’opposizione curda” e che la loro domanda d’asilo nasceva dalla “ricerca di sicurezza e di libertà”.

Ma ora, proseguiva il comunicato “la Francia vuole rispedirli in un paese dove rischiano di essere perseguitati a causa del loro impegno politico, tanto più ora che il loro attivismo in Francia è stato pubblicizzato dai media dopo il loro arresto”.

Inoltre Mehmet Kopal soffrirebbe di una malattia cronica e il suo stato di salute si sarebbe aggravato durante la detenzione nel CRA. Estradato in Turchia, una volta arrestato “non usufruendo di cure adeguate, il suo stato di salute si aggraverebbe mettendo a rischio la sua stessa vita”.

E richiamava Parigi al rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo che vieta espressamente il rinvio di una persona in un paese dove rischia di essere sottoposta a trattamenti disumani.

Da qualche tempo i rifugiati curdi in Francia vengono sottoposti a un inasprimento amministrativo (definito nel comunicato “senza precedenti”) tanto da venir privati del permesso di soggiorno qualora siano politicamente attivi. Questo sarebbe anche il caso di un altro militante, Serhat Gültekin, ugualmente in lista per essere estradato in Turchia.

Chiedendo infine alla Francia di “porre fine a questa insopportabile repressione amministrativa e di rispettare le convenzioni sui diritti umani e i diritti dei rifugiati”.

Da parte sua anche il Consiglio Democratico Curdo in Francia (CDK-F) ha protestato per la criminalizzazione dei rifugiati curdi rivolgendosi al ministro dell’interno, Gérard Darmanin in questi termini: “Au mépris du principe de non-refoulement, la France a livré à la torture et à la prison un jeune dont le seul crime est d’avoir milité pour les droits des Kurdes, ici ou là-bas”.

Gianni Sartori

#IncontriSulWeb – Presentazione della nuova versione di Dialogo Euroregionalista digitale e gratuita

Giovanni Roversi e Alberto A. Schiatti presentano il nuovo numero di DIALOGO EUROREGIONALISTA, nella nuova versione DIGITALE e GRATUITA, scaricabile dal 30 marzo 2024.

Hanno collaborato al numero: Lancelot (per la copertina), Gianluca Marchi, Laura McAllister, David Cordoba Bou, Eric Jackson, Frédéric Bertocchini (per la graphic novel), Erwan Chartier-Le Floch, Gianni Sartori, Xavier Diez, Angelo Nero, Matt Broomfield.

#Kurds #Europe – ANCORA SULLE PROVOCAZIONI DEI LUPI GRIGI CONTRO I CURDI IN BELGIO – di Gianni Sartori

Non sembra che i recenti avvenimenti del Limburgo, in Belgio, abbiano creato grande apprensione (non per ora almeno). Eppure episodi simili si erano registrati, anche recentemente, sia in Francia (oltre che contro curdi, nei confronti della comunità armena) che nei Paesi Bassi e in Germania.

Invece da più parti sono stati eufemisticamente e genericamente definiti “tensioni tra turchi e curdi fuori dai confine dello Stato turco”.

Alcuni commenti apparivano pervasi da una sospetta “equidistanza” avanzando dubbi sulle circostanze e sulla cronologia (in pratica: su chi avrebbe attaccato per primo).

Anzi, per buona parte della stampa fiamminga le maggiori responsabilità spetterebbero ai curdi. I quali domenica pomeriggio 24 marzo, al rientro dalle celebrazioni del Newroz a Kessel-Lo, avrebbero “osato” percorrere “Strada delle miniere” (Koolmijnlaan a Heusden-Zolder), abitata prevalentemente da immigrati turchi, ostentando simboli (bandiere si presume) con i colori curdi ( e forse anche con qualche ritratto di Öcalan). Scatenando la reazione dei turchi, in particolare dei simpatizzanti di Ülkü Ocakları (più conosciuti come “Lupi Grigi”).

Va anche riportato che – altre testimonianze non ben precisate – un bar turco sarebbe stato “assaltato da persone armate di mazze” a Cheratte.

Ma appunto sulle reale dinamica – e soprattutto sulla cronologia – le fonti differiscono.

Non avrebbe dubbi (stando a quanto riportava il quotidiano Belang van Limburg) il responsabile della polizia locale, Geert Verheyen, secondo cui i curdi avrebbero “cominciato a provocare la popolazione turca con bandiere”. Per cui la situazione sarebbe presto degenerata.

Diversa l’opinione (raccolta dall’agenzia Belga) degli organizzatori della manifestazione filo-curda di lunedì 25 marzo a Bruxelles per i quali “gli scontri erano la conseguenza di un attacco premeditato dei Lupi Grigi”.

Compreso il tentativo di incendiare l’abitazione di una famiglia curda, ricordo.

Rimanendo in attesa dei risultati dell’inchiesta, va comunque sottolineato che non si tratta del primo episodio del genere. E soprattutto non si dovrebbe trascurare il fatto che l’atteggiamento di gran parte degli immigrati turchi, sia in Belgio che in Germania e Francia, nei confronti della diaspora curda è quanto meno arrogante e aggressivo. Il riflesso di quanto avviene regolarmente in Turchia verso la “minoranza” curda (oltre il 20%).

Come classificare i Lupi grigi? Sicuramente come un movimento di estrema destra, fascista e razzista. Con una spinta vocazione all’uso della violenza e al militarismo. Sostenitori della totale omogeneità della popolazione entro i confini attuali dello stato turco (“Un Paese, un popolo”), ipernazionalisti e sempre più risucchiati dall’integralismo identitario sunnita (salafiti, Fratelli musulmani…).

Senza dimenticare che nacquero (negli anni sessanta) come componente giovanile di MHP (Milliyetçi Hareket Partisi, Partito del Movimento Nazionalista), panturanico e particolarmente ostile nei confronti di Curdi, Armeni e delle organizzazioni di sinistra.

Attualmente alleato governativo del partito di Erdogan (AKP).

Recentemente, nel 2020, la Francia ha preso la decisione di illegalizzarli in quanto incitavano “all’odio e alla discriminazione e coinvolti in azioni violente”.

Anche se non tutti i turchi immigrati in Belgio simpatizzano, non apertamente almeno, per i Lupi Grigi, in base a recenti sondaggi circa il 70% si dichiara a favore di Erdogan e contro i curdi.

A tre giorni di distanza dagli avvenimenti di Heusden-Zolder, ha fatto sentire la sua voce anche il Ministero degli esteri turco accusando i curdi di essere la causa degli incidenti e attribuendone la responsabilità al PKK.

Nonostante esistano numerosi video (anche quelli messi in rete dai Lupi Grigi) in cui gli aggressori si esprimono in turco.

E’ probabile che il numero dei turchi immigrati legati in qualche modo all’organizzazione Ülkü Ocakları, sia piuttosto consistente. Inoltre, secondo fonti curde, molti si sarebbero infiltrati nei partiti europei, soprattutto (purtroppo!) in quelli di sinistra (anche nei Verdi).

Chiamando i curdi alla vigilanza, in un comunicato l’organizzazione dei curdi in Europa KCDK-E denunciava che la Turchia starebbe “creando situazioni di provocazione in Europa grazie ai Lupi Grigi”. Provocazioni che negli ultimi tempi si sono andate intensificando. Soprattutto dopo l’evidente successo della campagna mondiale per la liberazione di Öcalan con l’immensa manifestazione di Colonia del 17 febbraio e le numerose celebrazioni del Newroz in molti Stati europei (a cui hanno partecipato centinaia di migliaia di persone, milioni in Kurdistan).

Eventi che hanno evidentemente turbato Ankara. Ora, attraverso questa “strategia della tensione a bassa intensità”, si tenterebbe di far criminalizzare la lotta dei curdi per l’autodeterminazione e la libertà. 

Ai curdi il compito di rimanere responsabili e di non cadere nelle provocazioni.

Gianni Sartori

#Veneto #Opinioni – INCIDENTI, DEGRADO DELLE GROTTE E SPELEOLOGIA: IL RECENTE CASO DELLA “PISATELA” DI MONTE DI MALO – di Gianni Sartori

Per quanto mi riguarda ero preoccupato soprattutto per l’eventualità che si utilizzasse l’esplosivo per riportare all’esterno lo speleologo infortunato. E non per niente. Infatti in questa grotta (La Pisatela) in passato ne era già stato utilizzato (non è dato sapere se in abbondanza o in “modica quantità”) allo scopo di allargare i passaggi e metterla in comunicazione con el Buso dea Rana. Con tutte le perplessità sulle possibili ripercussioni per l’integrità e stabilità della cavità (e sorvolando su possibili danni ambientali e per la fauna ipogea, oltre alle incognite determinate dalle modifiche indotte alla circolazione dell’aria, al microclima etc…).

Ma andiamo con ordine.

Per “onestà intellettuale” devo precisare che la maggior parte delle mie conoscenze dirette sia del Buso dea Rana che delle altre cavità in zona (monte Faedo e dintorni, in quelli che forse impropriamente vengono chiamati Lessini vicentini) risalgono a parecchi anni fa. In particolare (per quantità e intensità) al periodo tra la fine degli anni sessanta e i settanta. Quando ancora il laghetto di Caronte si attraversava con il canotto (o magari, ma solo per esserci caduto dentro, a nuoto). Per quanto riguarda l’attività cosiddetta “esplorativa” (oggi come oggi la considero una subdola opera di colonizzazione di quella residua parte del pianeta non ancora “a catasto”), tra i ricordi non del tutto annebbiati riaffiorano il Ramo dei Salti e il breve cunicolo, invaso (se non ricordo male, doveva essere il 1971) da fango e acqua che percorsi in prima assoluta transitando dal ramo principale all’altro (dal destro al sinistro o viceversa).

Poi solo “passeggiate con famiglia” – o eventualmente con qualche amico – del ramo principale.

Quindi della Pisatela, attualmente in comunicazione con il Buso della Rana, ne avevo notizia soltanto per “sentito dire” da chi ha avuto modo di frequentarla più o meno assiduamente. Tuttavia (coincidenza sincronica?) proprio il giorno prima dell’incidente, vagando per le colline, avevo incontrato un ex speleologo scledense argomentando del degrado ipogeo e delle responsabilità anche degli speleologi. Costui si rammaricava in particolare per un amico che proprio lui aveva “iniziato” alla speleologia un ventennio prima e che poi era diventato istruttore. Il tizio in questione gli aveva raccontato di come avesse (insieme ad altri beninteso) realizzato il “raccordo” tra Rana e Pisatela: allargando le strettoie a colpi di microcariche esplosive!

Inoltre, pare, per impedire il crollo di pietre e massi avrebbero inserito quello che definiva un “guardrail”.In realtà, stando a quanto mi spiegava uno speleologo vicentino del Gruppo Proteo, si tratterebbe di tubi Innocenti inseriti (“ma si vedono appena…” minimizzava) per sostegno (“come in miniera?” avevo chiesto). A mio parere si tratta quantomeno di manomissione o peggio.

Per cui credo sia lecito porsi alcune domande: non è che magari il pregresso uso di esplosivi potrebbe aver determinato una maggiore instabilità, un degrado della grotta, favorendo eventuali crolli e cadute di massi? Così, tanto per sapere.

Ovviamente mi rallegro per lo scampato pericolo e auguro una pronta ripresa allo speleologo infortunato nel ramo Carpe Diem del Buso della Pisatela (per la caduta di un masso) e per il cui recupero è stata posta in campo una sorta di operazione militare). Tuttavia mi chiedo che senso abbia parlare ancora di “speleologia” come attività “in contatto con la natura”. In realtà, come per l’alpinismo, si va creando una rete di “parchi tematici”, luoghi manipolati nella loro integrità in cui scaricare le pulsioni e frustrazioni di una vita artificialmente artificiosa (mercificata, reificata, codificata, addomesticata, consumistica etc…). Se per Lumignano siamo già a questo punto (e forse oltre) anche il Rana e dintorni sembrano avviati sullo stesso percorso. Tra parcheggi, pizzeria, aree pic-nic, escursioni “di massa” organizzate anche in periodo di letargo dei chirotteri (di quelli che ancora vi permangono almeno).

Dicevo dell’operazione di recupero in stile quasi militare che non ha mancato di suscitare qualche perplessità pure nel sindaco Mosè Squarzon (di Monte di Malo). Il quale Primo cittadino non ha mancato di muovere qualche critica per la “spedizione”, forse avventata, dei quattro speleisti. Tra l’altro il masso aveva anche tranciato la corda del capo cordata che era rimasto bloccato su un terrazzino (domanda: non aveva con sé una corda di riserva per scendere in doppia?). Ah, le vecchie care scalette in alluminio…

Pur riconoscendo a chiunque il diritto di “esercitare le nostre passioni in libertà “, il sindaco Squarzon ritiene che sia “molto più importante farlo nel rispetto della nostra vita cercando di ridurre il rischio al minimo indispensabile, soprattutto per le ricadute verso la nostra società, in particolare verso le squadre di emergenza, il pronto intervento e le forze dell’ordine”. Difficile quantificare il numero delle persone intervenute, almeno una cinquantina sicuramente. Oltre ai venti soccorritori penetrati nella cavità, al campo base ne erano presenti almeno altrettanti. Stando a quanto dichiarato, oltre alla squadra sanitaria (un medico e un’infermiera) entrata in grotta, un’altra stazionava all’esterno. Presenti soccorritori di tutta la VI Delegazione speleo, tra cui i “disostruttori” caso mai di dovesse ricorrere alle microcariche esplosive per allargare ulteriormente i passaggi. Altri speleologi e disostruttori erano giunti dal Trentino e dal Friuli. Allertati pare anche quelli di Emilia Romagna e Lombardia. Ad un certo punto si sarebbe palesato pure un elicottero. A fianco della Commissione nazionale disostruzione, i Vigili del Fuoco di Schio e di Mestre (compresi i sommozzatori, caso mai le piogge avessero provocato l’innalzamento del livello dell’acqua nella cavità), la Protezione civile e i carabinieri (per il trasporto dell’esplosivo).  Un intervento forse sproporzionato visto che poi l’infortunato sarebbe uscito con le sue gambe, se pur assistito e non in barella. Operazione che avrebbe appunto richiesto, come dicevo all’inizio e come temevo, l’utilizzo dell’esplosivo per allargare ulteriormente cunicoli e passaggi.

Ah, se anche la Sanità pubblica, quella che si occupa dei poveri cristi in lista d’attesa, funzionasse così mirabilmente!

Gianni Sartori