Abbiamo incontrato Maurizio Onnis, Sindaco di Villanovaforru (Sardigna).
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Giorno: 20 ottobre 2023
#IncontriSulWeb – “Sangue sul Caucaso” – venerdì 27 ottobre – ore 18.00
Per la serie #IncontriSulWeb, incontreremo Marco Santopadre, giornalista, scrittore ed opinionista per approfondire le problematiche legate al Nagorno-Karabakh.
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#Veneto #Territorio – un’intervista (di qualche anno fa…) a cura di Gianni Sartori
Sempre più attonito di fronte all’impietoso spettacolo della totale cementificazione del territorio veneto (per restare nel vicentino: nuove basi statunitensi, A31 e e relativi rifiuti tossici, pedemontane varie, proliferare di ipermercati, abusivismi a raffica sui Colli Berici, etc…) sono andato a riesumare questa intervista del 2007 che mi sembra estremamente attuale. GS

Un incontro con FRANCESCO VALLERANI (2007)
Sabato 23 giugno 2007 Francesco Vallerani, docente di Geografia Umana di Ca’ Foscari, ha partecipato al dibattito “Territorio e Biopolitica” all’interno delle iniziative di Festambiente 2007, a Vicenza.
D. Richiamandoci ad un libro da lei citato (“Collasso – Come le società scelgono di morire o vivere” di Jared Diamond), il Nord-est in che categoria si potrebbe collocare? Quali ritiene siano le principali emergenze di questo territorio?
R. Nel Nord-est ci troviamo sicuramente di fronte ad un esempio di “egoismo razionale”, utilitaristico. Questo atteggiamento non è solo eticamente deprecabile, ma anche dannoso per le comunità, oltre che per l’ambiente.
Direi che per i cittadini del Nord-est sta diventando centrale la questione idrica. E’ sempre più evidente che l’acqua non è inesauribile e i fiumi diventano indicatori fondamentali della qualità ambientale. Stanno emergendo dovunque i vari “conflitti d’uso” rispetto ai corsi d’acqua: irrigazione, ricettori per i reflui, fonte di energia idroelettrica (soprattutto per i bacini montani). Senza naturalmente dimenticare l’uso ricreativo, il valore estetico. Basterebbe osservare quante persone percorrono le piste ciclabili sugli argini.
Difendere i corsi d’acqua è diventato determinante, quasi una via di salvezza per una società che ha quantomeno “esagerato”. Pensiamo solo alle innumerevoli varianti dei piani regolatori, alla proliferazione delle zone artigianali.
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D. Oppure, qui nel vicentino, alla prevista A31…
R. Per la nuova autostrada si dovrebbe almeno pensare a qualche ammortizzatore ambientale. Si potrebbe fare come in Germania, ossia riforestare una fascia di terreno per una decina di metri su entrambi i lati dell’autostrada. Tutti i grandi dibattiti generali (sul clima, l’inquinamento, la deforestazione…) richiedono anche una consapevolezza locale. Un discorso che si lega anche all’identità di cui il paesaggio tradizionale è una componente fondamentale.
D. Anche il dibattito in merito alle cave sta tornando attuale… R. E’ ovvio che più si costruiscono aree artigianali, più c’è bisogno di cemento e quindi di cave, da Asiago alla Val d’Astico, a Carpanè…
Le cave servono per costruire capannoni, ma compromettendo irreparabilmente la base ecologica (acqua e suolo), rischiando appunto il “collasso” di cui parla Diamond.
D. Parlava anche di “amnesia del paesaggio”. Di cosa si tratta?
R. Si parla di amnesia del paesaggio, sia storico che naturale, quando le modifiche sono graduali. Esemplare la lenta scomparsa dei ghiacciai alpini, meno percettibile per chi vive nelle vicinanze. Vale anche nel caso di disastri ambientali. La grave siccità del 2003 è stata ormai dimenticata.
D. Volendo trovare qualche analogia con il Nord-est?
R. Mi ricorda la situazione descritta da Davis in “Geografie della paura” quando parla di Los Angeles negli anni cinquanta.
Anche se l’area considerata è tre volte maggiore ( ma gli abitanti sono circa dodici milioni) le dinamiche sono quasi le stesse. Qui dagli anni cinquanta in poi hanno dominato gli immobiliaristi. Si diffondeva il mito della “campagna” e tutti volevano il loro pezzetto di “verde”. Era il rigetto della metropoli con conseguente urbanizzazione della campagna. Anche nel Nord-est possiamo ormai parlare di “città diffusa” o anche di “villettopoli” come scriveva Eugenio Turri.
D. Quando si parla di degrado ambientale, in genere, si pensa all’industria, sottovalutando il fatto che anche l’agricoltura provoca danni all’ecosistema, alla biodiversità…
R. L’attuale agricoltura è molto idrovora; inoltre è fortemente sussidiata.
Vanno assolutamente riviste le politiche agricole comunitarie. E’ assurdo, per esempio, che da noi si finanzi la coltivazione del mais nell’alta pianura, a monte delle risorgive. In queste aree si dovrebbe privilegiare un’agricoltura di nicchia e di qualità.
Oppure lasciare i campi a riposo, a maggese… Naturalmente c’è il rischio che, non ricevendo più contributi per il mais, si pensi di rendere questi terreni edificabili. Su questo l’Europa dovrebbe essere ferrea.
D. Ma quali potrebbero essere le alternative?
R. Si potrebbe passare a colture per biomasse, sia per il carburante che per legname da riscaldamento. Oppure si potrebbero piantare alberi di noce, per l’industria del legno. O pioppeto, dove è possibile…In ogni caso la presenza di alberi, di siepi favorirebbe la biodiversità.
D. Negli ultimi anni si parla spesso di desertificazione. E’ un problema che potrebbe interessare anche l’Europa?
R. Bisogna distinguere tra desertizzazione, ossia l’avanzamento della sabbia e desertificazione. Il primo fenomeno si osserva soprattutto nell’Africa subsahariana e in alcune zone dell’Asia, come attorno al Lago d’Aral.
Invece la desertificazione è sostanzialmente un grave deficit di acqua e si può osservare anche in Italia, per esempio nella bassa cremonese. Ci sono poi alcuni fiumi, come il Lambro e il Seveso, ormai inutilizzabili a causa dell’inquinamento. Nella zona del Po invece abbiamo la rimonta del cuneo salino. L’acqua della falda è fortemente contaminata dalla salinità che ormai arriva fino oltre Adria. Un altro grave problema per l’intera pianura padana è quello della qualità dell’aria, come conferma l’aumento delle allergie e della mortalità dovuta a malattie respiratorie.
D. Alcuni movimenti ecologisti radicali hanno messo in discussione il cosiddetto antropocentrismo, identificato come la causa prima del nostro atteggiamento distruttivo nei confronti della natura, dell’ambiente, degli altri esseri viventi. Lei cosa ne pensa?
R. Anche tra gli ambientalisti c’è una contrapposizione tra conservazionisti e preservazionisti. I primi vorrebbero proteggere l’ambiente per continuare ad usarlo, parlano di sostenibilità (un concetto talvolta discutibile). Invece per i preservazionisti non si dovrebbe modificare nulla. Forse si dovrebbe trovare un compromesso. Certo, alcune aree del mondo andrebbero completamente preservate per la loro biodiversità. Invece è proprio qui che le multinazionali del legname affittano vaste aree, tagliano gli alberi, se ne vanno e lasciano i costi alle popolazioni locali. E’ la “tragedia dei beni comuni”. In questo caso, secondo Diamond, la proprietà privata garantirebbe una tutela maggiore.
Gianni Sartori
