#Africa #Opinioni – NIGERIA NELLA MANI DI DIO? (Sì, ma quale?) – di Gianni Sartori

fonte immagine Nigrizia-iswap-Boko-Haram

Come al solito “Nigrizia” non le manda a dire, non fa sconti a nessuno, non fornisce versione edulcorate o compiaciute sui meriti (in genere presunti) e sulle colpe (in genere manifeste) delle istituzioni, sia locali che internazionali, per quanto avviene in Africa. Anche quando si tratta di Nigeria e di Boko Haram (“l’educazione occidentale è un peccato” in lingua haussa), movimento salafita et jihadista ritenuto non a torto uno dei più fanatici, crudeli e votati al terrorismo.

In un recente articolo di Gianni Ballarini si legge forte e chiaro che “ il gruppo terroristico, che nasconde quattro gruppi scissionisti, si è radicato nel territorio. Non solo offre servizi alle popolazioni a lui sottomesse, ma tra le sue fonti principali di ricavo ci sono le tassazioni su pesca e bestiame. E non potrebbe essere così pervasiva la sua presenza nel territorio se non ci fosse la complicità di tanti attori, a partire da settori importanti delle forze dell’ordine corrotte”. 

Avvertendoci che “quando si legge di Boko Haram siamo sommersi da un diluvio di narrazioni funeree”. Mentre l’organizzazione terroristica “che dal nordest della Nigeria si è ramificata nelle porose aree transfrontaliere del Bacino del lago Ciad” sarebbe ben insediata e radicata nei territori ove agisce (da cui comunque sono scappati circa due milioni di abitanti) e godrebbe quantomeno di complicità variegate. Forse, par di capire, anche tra una parte consistente della popolazione che potrebbe – ipotesi mia – aver fatto “di necessità virtù”.

Un passino indietro. Boko Haram nasce nel 2002 a Maiduguri (nord-est della Nigeria). Fondato da Mohamed Yusuf, vicino alle posizioni di Al-Qaïda, dalla morte di costui nel 2009 è stato guidato da Abubakar Shekau. Poi ucciso in una faida interna, presumibilmente da seguaci dell’ISWAP (Stato islamico nell’Africa dell’Ovest) nel 2021. L’ISWAP, versione locale dello stato islamico, sarebbe sorto da una scissione di Boko Haram. Tra i suoi membri più influenti Abou Musab al-Barnawi, figlio di Mohammed Yusuf (tanto per restare in famiglia).

Mentre su Boko Haram converge l’attenzione di esperti, addetti ai lavori e politici, talvolta si rischia di dimenticare che la Nigeria è attraversata da altre insorgenze. Alcune in qualche modo storicamente giustificate (vedi qualche movimento nel Delta del Niger), altre decisamente avviate verso derive militariste e talvolta pervase di fanatismo. Non solo tra gli islamici.

Sarebbe il caso – forse – di alcuni movimenti operativi in Biafra che nei loro proclami si richiamano ad argomenti religiosi di natura cristiana. Per esempio evocando le persecuzioni e la repressione subite (soprattutto tra il 1967 e il 1970) dai cattolici Ibo da parte dei musulmani (anche se al tempo della rivolta separatista il presidente della Nigeria era un cristiano).

A complicare ulteriormente lo scenario, sentendosi forse abbandonati dalla comunità cristiana internazionale, molti dissidenti Ibo si sarebbero all’epoca convertiti all’ebraismo. Tanto da assistere alla nascita di un Biafra Zionist Movement.

Analogamente, i ribelli antigovernativi (popolazioni Ibo, Ijaw, Ogoni…) delle aree petrolifere del Delta del Niger talvolta si sono paragonati agli Ebrei in fuga dalla schiavitù.

Tanto che nel 2016 un gruppo conosciuto come “Niger Delta Avengers” avevano paragonato il presidente nigeriano Muhammadu Buhari al “Faraone d’Egitto”

Va comunque precisato che tra le popolazioni ribelli del delta, gli Ogoni si sono distinti per aver adottato quasi esclusivamente metodi pacifici. Quando si richiamava a istanze di natura religiosa il leader del Mosop Ken Saro-Wiwa, poi impiccato dal regime, organizzava veglie di preghiera, messe e letture della Bibbia.

Richiamandosi talvolta al profeta Geremia e paragonando la devastazione ambientale della sua terra alla distruzione di Gerusalemme.

Ovviamente tra jihadisti islamici e insorti cristiani si mantengono sostanziali differenze. Non risulta che i movimenti del Sud del Paese (in parte animisti, oltre che cristiani) abbiamo mai nemmeno pensato di imporre uno “Stato cristiano” o qualcosa di equivalente al “Califfato”.

Con forse una piccola eccezione nel 1990. All’epoca alcune rivolte sembrarono venir sostenute e fomentate dalle Chiese evangeliche locali del Delta. Con un programma politico (alquanto velleitario) che prevedeva l’espulsione dalla federazione di alcuni Stati del Nord a maggioranza musulmana.

Comunque sia, da parte loro le milizie di Boko Haram proseguono nelle attività abituali (saccheggi, attentati, uccisioni di civili, stupri e rapimenti) nella regione del Lago Ciad e dintorni.

Alimentando una crisi umanitaria (mancanza di cibo, di cure sanitarie…) che colpisce milioni di persone soprattutto nel martirizzato nord-est.

Situazione che negli ultimi mesi si è andata aggravando per la diminuzione dei fondi disponibili (per la maggiore attenzione rivolta, sia dalle agenzie umanitarie che dalle Nazioni unite, alla crisi della guerra in Ucraina). Con un aumento significativo dei casi dimalnutrizione e – soprattutto tra i bambini – di morte per fame.

Come se non bastasse lo Stato di Borno, forse il più travagliato a causa dei gruppi islamisti, ha deciso di chiudere tutti i campi per rifugiati, semplicemente cambiando loro denominazione. Qualificandoli ipso facto “bidonville” e mettendo a disposizione di ogni famiglia disposta ad andarsene circa 200 dollari.

Sostanzialmente ottenendo così soltanto di trasferire il problema altrove.

Gianni Sartori

#Kurdistan #Rojava – UCCISI IN ROJAVA DUE ESPONENTI DI MLKP – di Gianni Sartori

fonte immagine Arşiv

Due esponenti del MLKP (Partito Comunista Marxista-Leninista – Marksist-Leninist Komünist Partisi ) sono rimasti uccisi in un’operazione rivendicata dai servizi segreti turchi (MIT) nei pressi di Hasakan.

Le due vittime sono Ahmet Şoreş (Zeki Gürbüz) e Fırat Neval (Özgür Namoğlu), entrambi definiti “comandanti militari” nel comunicato che ne annunciava la morte.

Per i servizi segreti turchi, il primo dei due avrebbe organizzato, tra le altre operazioni, anche l’attacco del 20 aprile 2022 a Bursa contro un veicolo che trasportava personale penitenziario. In quella circostanza era deceduto un agente di polizia. Veniva anche considerato responsabile di un lancio di missili nei pressi della frontiera risalente allo scorso agosto.

Arrestato in Grecia nel 2013, Zeki Gürbüz era stato poi rimesso in libertà (Atene ne aveva rifiutato l’estradizione), raggiungendo prima l’Iraq e poi il Rojava. Tra i precedenti, l’uccisione – sempre per opera dei servizi turchi – di un altro dirigente del MLKP, Baran Serhat (Bayram Namaz), nel 2019.

La fondazione del MLKP risale al 1994, come risultato della fusione tra due diversi partiti che si ispiravano all’ideologia dell’ex presidente albanese Enver Halil Hoxha. A cui nel 1995 aderì anche il Partito Comunista di Turchia/marxista-leninista Nuova Organizzazione Costituente (TKP/ML YİÖ). Ormai da oltre dieci anni molti militanti di MLKP combattono in Rojava a fianco dei curdi nelle YPG e alcuni sono caduti nella battaglia di Kobane. Altri avrebbero partecipato, insieme al PKK, alla difesa delle minoranze ezide di Sinjar (nel Kurdistan iracheno).

Gianni Sartori