SAHARAWI: UNA QUESTIONE DIMENTICATA? di Gianni Sartori

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SAHARAWI: UNA QUESTIONE DIMENTICATA?

di Gianni Sartori

Da qualche tempo la questione del popolo saharawi e della sua lotta di liberazione dal dominio del Marocco sembra scomparsa dalla maggioranza dei media. Eppure la lotta prosegue in tante forme. Recentemente con lo sciopero della fame “a staffetta” per fare giustizia sull’assassinio di Mohamed Lamine Haidala.

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Non si ferma la testimonianza di Takbar Haddi per costringere le autorità marocchine a far luce sulle circostanze della morte del figlio, Mohamed Lamine Haidala, mentre era in mano alla polizia e dopo che era stato ferito gravemente da alcuni coloni marocchini. Dopo quasi tre mesi, la lotta è condotta con uno “sciopero della fame a staffetta” (formula spesso adottata da parenti e amici dei prigionieri politici baschi), a cui partecipano intellettuali, militanti, giornalisti, docenti, sindacalisti, persone solidali. Sospeso invece quello portato avanti in prima persona da Takbar Haddi dopo che i medici le hanno imposto di smettere per i seri rischi che stava correndo. Attualmente il gruppo più numeroso di scioperanti è quello riunito in una tenda davanti al Palazzo del Governo Centrale a Las Palmas de Gran Canaria. Qualche giorno fa il Governo Rajoy ne ha vietato la prosecuzione davanti al Consolato del Marocco nelle Canarie, dove si era svolto in un primo tempo. Altri “segmenti” dello sciopero della fame si stanno svolgendo in varie località spagnole, del Portogallo, dell’America Latina, della sede del Parlamento Europeo, ecc. Tra i più consistenti va citato il “73° segmento”, sostenuto dalla Deputata di Podemos Nati Arnaz. La staffetta 77 invece vede impegnati dirigenti ed eletti di IU di Dos Hermanas (Andalusia). Intanto a Santander (capitale della Cantabria) si sta organizzando una grande manifestazione popolare. El diario informava che alla giornata di sciopero della fame in questa città, partecipa l’intera delegazione saharawi in Regione. Dopo la partenza dei gruppi di bambini saharawi che hanno trascorso un periodo di vacanza nella penisola iberica, alle giornate di sciopero della fame a staffetta, si sono uniti molti membri delle famiglie che li avevano ospitati. Alla fine di settembre la “staffetta” aveva già superato il numero di 100 “frazioni”, per essere poi ulteriormente superata.

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EH Bildu

 

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In settembre, l’Alta Responsabile Europea per la Politica Estera e Vice Presidente della Commissione europea, Federica Mogherini, interrogata in Parlamento rispondeva che l’Unione e la Commissione sono seriamente preoccupate per la situazione dei diritti umani in Marocco. In particolare per quella dei detenuti saharawi nelle carceri marocchine, per cui chiedono che Rabat consenta visite di verifica di rappresentanti di ONG straniere. La Mogherini, a nome della Commissione, aveva anche chiedsto che Rabat permettesse un’inchiesta imparziale sugli avvenimenti legati alla morte di Mohamed Lamine Haidala. (Europa Press e Yabiladi, 02.09.). La deputata spagnola di IU, Paloma Lopez, si dichiarava soddisfatta di tale risposta, purché alle parole seguissero azioneireali di pressione sul Governo marocchino. L’Esecutivo dell’Unione Nazionale delle Donne Saharawi, riunito in preparazione del Congresso del Polisario, ha approvato un documento di piena solidarietà con madre Takbar (“Takbar Haddi continua a pretendere giustizia”), associandosi alla richiesta di un’indagine internazionale che le renda finalmente giustizia per l’assassinio del figlio. Da segnalare inoltre la decisione di un Magistrato spagnolo della Procura di Las Palmas, che ha disposto l’archiviazione delle denunce presentate dal Console marocchino A. Mura contro l’attivista saharawi Embarek Abelil (e contro altri attivisti, che sostenevano lo sciopero della fame della madre Takbar Haddi, proprio davanti al Consolato) per “aggressione” contro lo stesso console e altri funzionari marocchini. Per i Magistrati del Tribunale spagnolo le denunce dei Marocchini contro gli attivisti saharawi sono da considerarsi semplicemente “FALSE”.

 

 

TERRORE DI STATO CONTRO I CURDI: USQUE TANDEM? di Gianni Sartori

 

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TERRORE DI STATO CONTRO I CURDI: USQUE TANDEM?

di Gianni Sartori

15 novembre 2015: una donna curda, Selamet Yeşilmen, incinta e madre di cinque bambini, è stata assassinata mentre stava scendendo le scale dal secondo piano per raggiungere il giardino con le figlie Sevcan e Fikret (rispettivamentedi 13 e 14 anni). Un Cobra blindato posizionato davanti alla loro casa in via Fırat Başyurt – Çağçağ, ha sparato contro di esse. Selamet Yeşilmen è morta sul colpo mentre le due ragazze sono rimaste gravemente ferite. I soldati hanno sparato anche contro Yilmaz Tutak, lasciandolo a terra gravemente ferito, mentre cercava di soccorrere le due figlie di Selamet.

Lo stato turco e il governo dell’AKP continuano a compiere attacchi militari contro le città del Kurdistan; interi quartieri vengono distrutti e civili indifesi vengono assassinati. Il coprifuoco militare di 12 giorni a Silvan ha lasciato la città in macerie. Case e attività commerciali sono state deliberatamente prese di mira, bruciate, distrutte. La città è in gran parte inagibile e almeno 15 civili sono stati uccisi durante il coprifuoco; quanto ai feriti (molti in gravi condizioni) si contano a dozzine. Per questi attacchi sono stati usati carri armati, cannoni ed elicotteri.

 

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Possiamo affermare che lo stato turco Negli ultimi 7 giorni eventi analoghi si sono verificati nella provincia di Mardin e in quella di Nusaybin. In molte aree è stato introdotto il coprifuoco militare (24 ore su 24) e contemporaneamente gli attacchi si succedono senza tregua.
A Silopi, una provincia di Sirnak, il 12 novembre 2015 la gendarmeria distrettuale ha lanciato varie bombe micidiali (dette “bombaatar”) nella via Şehit Harun. Dopo gli attacchi alcuni civili, Servet Cin, Hişyar Konur, Fatma Yiğit, Evin Harput e un altro non identificato, sono rimasti feriti in varie parti del corpo.
Questi azioni ignobili (in quanto sistematicamente rivolte contro civili inermi) avvengono quotidianamente a Diyarbakır, Cizre, Gever, Şırnak, Hakkâri, Van e nella maggior parte del Kurdistan dove ormai è in corso una guerra vera e propria tra la Resistenza curda e l’esercito turco. Va sottolineato e denunciato che le forze dello stato turco non sono in guerra solo con le forze della guerriglia, ma stanno deliberatamente colpendo i civili (con metodi da esercito di occupazione che ricordano le rappresaglie nazifasciste) e distruggendo le città curde con operazioni che costituiscono autentiche violazioni delle stesse leggi di guerra. sta commettendo veri e propri crimini di guerra in Kurdistan in quanto, come ci ricordano le organizzazioni curde “sta cercando di sterminare i curdi attraverso l’assimilazione e le politiche repressive ignorando qualsiasi appello e proposta di soluzioni pacifiche provenienti dai curdi”. Questo conduce inevitabilmente a esasperare il conflitto armato. Le organizzazioni curde lo hanno detto e ripetuto: “la soluzione non è il conflitto, al contrario sta nel dialogo e nel negoziato”.

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Fino a quando l’opinione pubblica internazionale potrà continuare a non voler vedere la situazione dei curdi e del Kurdistan? E soprattutto, la loro richiesta di pace che non deve rimanere inascoltata. In un recente comunicato UIKI chiedeva “a tutte le organizzazioni e a tutti gli individui che sostengono la pace e la democrazia di opporsi alla brutale campagna in atto contro i curdi e di contribuire a una soluzione pacifica del conflitto curdo”. Una richiesta che non può, non deve rimanere inascoltata.