
Il presidente Maroni ha annunciato di voler creare un comitato di esperti per delineare un nuovo assetto istituzionale della Lombardia in conformitĂ con la riforma costituzionale voluta dal governo Renzi. Tale comitato dovrebbe essere formato da politici, professori universitari e membri delle Camere di Commercio.
Una presa di posizione di questo tipo, che vede quindi una parziale accettazione della riforma governativa, ha sollevato critiche anche in seno alla maggioranza, ma ha visto anche aperture da parte dell’opposizione. Per quanto riguarda la nostra posizione, rileviamo come la Lega Nord si presenti sempre e comunque come un movimento schizofrenico nelle sue “strategie”. Prima di giudicare la validità di questa proposta sarà bene aspettare qualche tempo. Visti gli ultimi 30 anni di gestione politica, non mi sorprenderebbe se domani Maroni passasse a parlare di tutt’altro(macroregione, regione europea, Lombardia deboldrinizzata o qualche altro slogan privo di contenuto). Per semplificare la discussione, e per poter analizzare in modo effettivo la proposta, poniamo, per assurdo, che essa provenga da un partito con qualche credibilità .
Maroni cerca di anticipare i tempi rispetto all’entrata in vigore, previo referendum, della riforma costituzionale, cercando di ottimizzare i tempi e di creare una nuova struttura a livello lombardo con l’inserimento dei cantoni in parziale sostituzione delle province. Un modo per far sì che la Lombardia si faccia trovare pronta ad un cambiamento di grande entità degli enti locali, senza il rischio di una sovrapposizione di poteri e competenze. Maroni, nelle vesti di amministratore di un ente locale italiano, fa in questo caso una scelta oculata.
Sorge spontanea una domanda: che ne è del Maroni paladino dell’autonomia lombarda, e che ne è del referendum per l’autonomia? Il buon presidente ha annunciato in pompa magna che il referendum si sarebbe tenuto il 29 di maggio, festa della Lombardia, ma poi si è dimenticato di convocarlo. E, conoscendo i nostri politicanti, nulla ci assicura che esso venga effettivamente convocato. Sull’utilità di questo referendum ci esprimeremo in modo attento in seguito, il problema però è alla base della “strategia” maroniana. Maroni vuole essere un buon amministratore di un ente locale ordinario o un politico che conquista l’autonomia per la Lombardia? Le due posizioni sono inconciliabili. O accetta supinamente il nuovo assetto costituzionale e cerca di applicarlo nel miglior modo possibile, oppure convoca un referendum per chiedere lo statuto speciale ad un governo che, con la suddetta riforma, intende accentrare i poteri nelle mani dello stato italiano. Il presidente Maroni può o applicare la riforma o contestarla per difendere la voglia di autonomia dei lombardi, tertium non datur.
Quale strada sceglierĂ il nostro presidente? Conoscendo il partito di cui fa parte, probabilmente nessuna.
Ci permettiamo però di dire una cosa al presidente della Lombardia. Un’ottimizzazione degli enti locali per evitare sprechi e sovrapposizione di competenze è possibile solo con un processo sovranista e democratico che porti all’indipendenza della Lombardia, abbandonando uno stato che fa del caos istituzionale la base del sistema clientelare che lo sorregge. Solo con l’indipendenza la Lombardia avrebbe le risorse ed il potere politico per impostare un assetto costituzionale realmente adatto alla realtĂ lombarda. Potrebbe dare alle diverse comunitĂ il potere democratico di suddividersi in enti locali autonomamente, rispettando i legami socioeconomici e territoriali. Potrebbe ridisegnare la gestione delle comunitĂ montane e dei piccoli comuni puntando davvero al benessere delle comunitĂ , senza dover accorpare enti. Una Lombardia italiana sarĂ sempre una periferia politica di uno stato autoreferenziale ed in continua decadenza. Se il presidente vuole davvero il buongoverno per la Lombardia, cominci a parlare di indipendenza all’interno del dibattito politico lombardo, cercando di coinvolgere tutte le parti politiche per il bene della Lombardia.
